Lupo in libertà, capre al pascolo a rischio 

In valle dei Mocheni sale la preoccupazione per gli assalti del predatore. Penalizzati attività locali e qualità del prodotto


di Roberto Gerola


VALLE DEI MOCHENI. Capre, montagne, spettacoli che hanno accompagnato la vita quotidiana per secoli o quasi insieme a tradizioni che si sono perpetuate nel tempo. L’allevamento di capre, pecore, bovini ha da sempre rappresentato un sorta di rito in valle dei Mocheni tanto per parlare di una valle come poche altre, per non dire unica, in Trentino. Vuoi per la lingua che vi si parla, per la gente che vi abita, per le tradizioni e il patrimonio socio-culturale. Fino a pochi giorni fa, parlare di lupi in valle dei Mocheni era come parlare di internet al tempo di Napoleone.

La tradizione vuole, anzi voleva, che le capre partorissero in primavera, che i capretti venissero venduti (e consumati) per Pasqua nonostante le prese di posizione degli animalisti. Poi gli animali erano liberi di andarsene su per i monti. Liberi di cercarsi il cibo per sopravvivere, liberi di “ripulire” i prati anche in zone impervie, dalle prime pianticelle del bosco che voleva avanzare. Del resto, per loro (le capre) rappresentavano un cibo buonissimo, tenero e a portata di muso. E così, appunto da sempre, le capre sono entrate a far parte del panorama, dell’ambiente; sono diventate elemento naturale dentro la natura. Facevano compagnia all’escursionista che senza difficoltà percorreva i sentieri che portano alla vetta della Panarotta, del Fravort, del Gronlait e via via di quei monti che si susseguono fino all’Hoamonder ed oltre, fin dentro nel Lagorai. Le capre sono diventate parte integrante del paesaggio che si incontra. E sovente erano protagoniste di spettacoli incomparabili, come nelle foto che pubblichiamo a corredo di queste considerazioni di vita quotidiana mochena (in questo caso) e che mostrano, in entrambe, la cima del Fravort affollatissima di capre. Sembra che debbano cadere nel vuoto da un momento all’altro, ma non succede, non è mai praticamente successo per loro imprudenza. E con loro, negli stessi prati impervi e sulle stesse montagne, anche cervi, caprioli, stambecchi, camosci, tanto per citare gli animali selvatici più popolari. Sono due foto splendide e pur troppo “irripetibili” per la presenza colpevolmente permessa, dei lupi. Sono animali nemici giurati delle capre (con pecore e bovini compresi), ma anche degli ungulati e i loro amici. Non più capre libere quindi ad animare le montagne mochene, non più ungulati che il lupo divora e mette al bando; ma nemmeno più prati che il bosco si “mangerà” nel giro di pochi anni perché non avrà più chi lo contrasterà sullo stesso terreno.

Le capre resteranno chiuse nei recinti o meglio ancora chiuse in stalla e così pure i bovini che salgono all’alpeggio estivo. Il formaggio di malga fatto con il latte delle mucche “in vacanza” sui pascoli della Montagna Granda, sarà invece fatto con il latte (sempre che non lo perdano per lo spavento) di mucche “stressate” dal lupo. Anche per le mucche saranno inutili pascoli “lontani” dalla stalla. Certo ci saranno i contributi per i pastori (ma saranno anche armati?), per i cani, per i reticolati e per le batterie che li elettrificheranno. Ci saranno gli indennizzi della Provincia per i capi divorati e poi andrà a finire come per caprioli e cervi che attraversano la strada e sono investiti dalle auto: un tempo la Provincia pagava i danni, poi gli investimenti hanno cominciato ad essere un po’ troppi e il segnale stradale è diventato sufficiente e soprattutto poco costoso.

Bella una montagna così, sempre più povera di economia di gente che la mantiene, ma invece viva di lupi.

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