L’agricoltura selvaggia di Giorgio Perini fiorisce sulla collina di Serso 

La nuova via al bio. Coltiva piante imitando la natura per trarne cibo privo di alterazioni umane


Mario Anelli


PERGINE. A prima vista sembra un terreno incolto quello dove il naturalista Giorgio Perini pratica la sua agricoltura selvaggia. Macchie di verde apparentemente in stato d'abbandono, erba, piante ora rinsecchite in vista dell'inverno, qua è là liane sottili, arbusti. Tutto cambia osservando con attenzione. Compaiono profili di piccoli terrazzamenti, le tonalità del verde si inseguono numerose e disegnano piccole aree, frutti rossi occhieggiano tra i rami di un albero, splendidi gigli rossi ed arancione invitano a vivere, bacche nere oblunghe hanno sapore d'Oriente, fiori. Uno stagno riparato con acqua corrente, un tunnel vegetale, muri a secco coperti di erbe officinali.

Da tre anni Perini ha sommato tutte le competenze accumulate nella sua vita di ricercatore, formatore, divulgatore e documentarista per dare avviare la sua ultima sperimentazione, la pratica dell'agricoltura selvaggia abbinata al super food. Ovvero coltivare imitando solamente la natura per trarne cibo privo di ogni alterazione umana.

Sul colle di Serso

C'è riuscito con successo, produce frutta, ortaggi e fiori. Ha usato parte dei 5000 metri di terra che attorniano la sua abitazione, un cottage in sasso dei suoi avi dove vive tra mobili d'un tempo in spazi dettati dalla pura utilità, nessuna concessione al superfluo. Il luogo è il più soleggiato del Perginese, posto su un colle della frazione di Serso, a 510 metri di altitudine. Là dove c'erano orti abbandonati ha ricavato piccoli terrazzamenti recuperando la terra setacciandola a mano per costruire un habitat adatto alle piante, agli insetti ed ai funghi. Accanto alle autoctone ha introdotto nuove specie vegetali provenienti da tutto il mondo. Per qualche anno ha studiato e sperimentato riuscendo a creare un eco-sistema ispirato dalle regole della natura. Non usa fitofarmaci né concimi chimici, ma il compost prodotto in loco e sostanze organiche, lavora con attrezzi a mano. L'erba è tagliata con la falce, due volte all'anno in modo da conservare le biodiversità.

In stagione, tra ortaggi, frutti e fiori edibili, gli chef compiono percorsi sensoriali tra odori, sapori e colori camminando su sentierini erbosi del luogo, scelgono con cura per poi mettere in tavola erbe, fiori e frutti. Sono molti, anche stellati come Alessandro Gilmozzi e rinomati come Sergio Valentini il portavoce di Slow Food in regione, Riccardo Bosco e Daniele Tomasi, tanto per citarne alcuni. E ristoratori e cittadini che amano la natura e le sue genuinità. «E' importante la riscoperta dei sensi, noi basiamo tutto sulla vista e ciò distoglie dalle sensazioni più profonde», dice Perini.

Vegetali quasi in simbiosi

Studiano il luogo e le pratiche usate anche giovani universitari in tirocinio, con tesi mirate. «La mia agricoltura è selvaggia perché imito in tutto la natura, ma per fare ciò servono anni di studi scientifici e di continuo aggiornamento sui lavori compiuti da università e da centri di ricerca, per capire i complessi segreti della nostra terra». Segue i principi della successione, stratificazione e consociazione. Quest'ultima consente di affiancare specie vegetali diverse in modo che possano aiutarsi tra loro.

Tra l'erba si scorge, infatti, una pianta di pepe di Sichuan, sotto dimora la verdissima Houttuynia Cordata, pianta officinale con foglie e fiore da mangiare con il pesce e più in basso prospera l'aglio da foglia cinese. Il tutto in un'isola verde estesa su non più di otto metri.

Ed ancora, su un altro terrazzo, riparato da un pero del bisnonno di varietà “Spadona“, vivono le fucsie di Magellano dai fiori rossi e viola. Nei pressi una liana originaria della Manciuria, un rampicante che non ama il sole e produce la Bacca rossa dai cinque sapori (aspro, amaro, dolce, pungente, salato), basilare nella medicina cinese.

Più in là ortaggi come il radicchio di Chioggia, difesi dai rigori invernali perché immersi tra varie piante da fiore che li avvolgono.

Tra le particolarità, il Feijoa dal fiore rosato al gusto di frutta, varie specie di passiflora e di timo, la salvia ananas e le rose rugose. Pure l'Azzeruolo dal frutto rosso preferito dai Dogi, il biancospino americano per marmellata e succhi. Pure l'Hemerocallis, il fiore asiatico dalla forma di giglio di colore arancione, giallo e rosso dal sapore complesso, usato dall'antipasto al dolce, anche con il gelato, nei fritti, lessi. In piena produzione Perini ne produce fino a 1200 al giorno. Produce succhi e fermenta fiori.

Ricerca e sperimentazione

C'è riuscito anche perché già a 17 anni collaborava con l'allora Museo Tridentino di Scienze Naturali e frequenta in seguito l'università a Bologna e Camerino. Inizia la professione di naturalista, collabora alla progettazione di molti dei biotopi trentini, fonda e presiede Albatros, la prima cooperativa di naturalisti in Trentino, apre il Centro didattico ambientale Magnola a Segonzano. Per la Confederazione Italiana dell'Agricoltura e per Acli Terra è tutor e formatore. Stimola l'avvio di aziende agricole in centinaia di incontri pubblici. Anche in Veneto, dove un'azienda aromatizza lo zucchero con polveri di fiori e di erbe.

«Nel 2004, quando ho iniziato i primi corsi di formazione, mi guardavano come fossi caduto della Luna. I naturalisti erano considerati una strana fauna perché hanno visione del futuro».

Anni di progetti alle spalle e di battaglie per la tutela ambientale. Tra quelle in corso, la difesa del Lago Santo e della malga del Lago Lagorai. I suoi concetti ispiratori: ricerca, conoscenza, sperimentazione.

Racconti per immagini

Tante sono le sue ripartenze. «Cambiare è la storia della mia vita». S'è dedicato alla creazione di giochi naturalistici per ragazzi e adulti ha realizzato documentari assai visti sulla riproduzione delle trote Steelhead in Alaska, ma anche del Trentino. Ha fatto il giro del mondo realizzando documentari sulla pesca a mosca in Finlandia, Austria, Slovenia, Alaska, Croazia ed in alcune zone d'Italia. In Mongolia ha documentato l'ambiente, tornando a casa con due Iurte.

Ha guidato i gruppi d'acquisto solidale de La Credenza per 500 famiglie del Trentino, persegue il recupero di varietà antiche di frutta e sementi fondando La Pimpinella. E' un naturalista a tutto tondo, attivo in Slow Food della Valsugana e Lagorai. Ora sta reimpostando l'azienda, la Giorgio Perini Agricoltura Selvaggia e Super Food. Progetterà durante l'inverno per ampliare le sue esperienze ed introdurre nuove specie. In primavera, Covid 19 permettendo, riaprirà la sua terra a chi cerca la natura intatta in forma di fiore, ortaggio e frutto.















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