Biodistretto, a Pergine ci credono in mille 

Agricoltura. Alla raccolta firma su base provinciale c’è stata una buona risposta anche in città Matteo Zini: «Il territorio perginese è già ricettivo nei confronti delle coltivazioni biologiche»


Maddalena Di Tolla Deflorian


Pergine. Per adesso il referendum sull’istituzione del Biodistretto trentino è salvo. La giunta provinciale aveva provato a rimandarlo oltre l’estate 2021, inserendo un disegno di legge nella manovra di bilancio, ma il presidente del consiglio provinciale, Walter Kaswalder, ha stralciato l’articolo che fermava i motori consultivi.

Anche a Pergine erano state raccolte molte firme a favore della consultazione. Di agricoltura, conversione al metodo biologico e Biodistretto abbiamo parlato con Matteo Zini, referente della raccolta firme del comitato promotore del referendum per l’ Alta Valsugana, insegnante di scienze alle scuole medie di Pergine.

«In totale – spiega Matteo Zini - le firme raccolte erano state in tutta la provincia 13.983, di cui 12.848 certificate e depositate (ne bastavano 8.000, avevamo tre mesi ma causa lockdown le abbiamo depositate un mese prima). Le firme raccolte nel Comune di Pergine sono state circa 1.000, con una dozzina di autenticatori, oppure apposte direttamente in Comune (102 firme, in questo caso). Per quattro sabati avevamo organizzato i tavoli per le firme al mercato cittadino».

Che cosa avete capito, parlando con le persone ai tavoli?

Abbiamo registrato interesse da parte di tantissime persone. Emerge la voglia di una tutela dell’ambiente più attenta. Le persone erano interessate a sapere chi eravamo, cosa proponevamo. Alcuni vorrebbero un referendum più netto, altri apprezzano il nostro atteggiamento propositivo.

Vi siete confrontati con i produttori agricoli del perginese?

Non ci siamo confrontati perché abbiamo iniziato un percorso come prima cosa di raccolta firme, per sondare l’interesse dei cittadini e arrivare a un confronto come interlocutori credibili.

Lockdown a parte, avreste quindi avviato la fase di dialogo con il mondo agricolo?

Sì. Avevamo programmato vari incontri pubblici per la primavera scorsa, che purtroppo sono saltati a causa del lockdown. Preferiamo aspettare, farli in presenza. L’estate non era un buon periodo, inoltre, c’era anche la campagna elettorale per le amministrative, si è scelto di non sovrapporre la campagna referendaria a quella elettorale.

C’è qualcosa che vorreste dire al neo eletto consiglio comunale?

Ricordiamo che viviamo la paradossale situazione dove la domanda di prodotto bio è in continua crescita in Italia, e lo è stata anche durante il lockdown, ma l’ offerta non aumenta.

Il Biodistretto sarebbe una opportunità anche per Pergine e la sua agricoltura?

Sicuramente lo sarebbe. L’idea del biodistretto va nella direzione di favorire i giovani imprenditori agricoli e le piccole aziende, che si legano bene al turismo soft adatto a Pergine (tutto l’anno).

Vi piace l’idea di aprire un tavolo comunale di confronto sull’agricoltura locale?

Siamo favorevoli a un tavolo e anche alla nostra eventuale partecipazione.

Pergine è un territorio già ricettivo al metodo biologico?

Direi di sì. Cito alcune aziende bio che conosciamo bene (senza voler far torto ad altri): Biosaor di Costasavina, Vivaio Beber di Fornaci, l’ Azienda Petri (mele varietà antiche) tra sponde del Fersina e Zivignago, Logical Forest (foresta sociale di bamboo a S. Cristoforo).

Un Biodistretto sarebbe una imposizione per l’agricoltura non biologica?

Costituire un Biodistretto non sarebbe divisivo. Imporrebbe alla provincia, sulla base della volontà dei cittadini, di promuovere le coltivazioni bio e il turismo slow, in particolare per aziende piccole e giovani. Siamo parte di un processo ampio, già iniziato, verso un modo di coltivare e vivere sostenibile, etico, attento all'ambiente, solidale. Ci sarà il contributo di tutti gli attori delle filiere agricole, è un processo aperto.













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