Agricoltura

Nuove strategie per l’acqua a fini irrigui

Le colture agricole del Trentino sono condizionate dalla disponibilità d’acqua irrigua nei lunghi periodi di siccità. Le ricerche della Provincia stanno cercando di risolvere il problema, assieme a Fem e Università di Trento e i Consorzi Irrigui


Carlo Bridi


TRENTO. Le colture agricole specializzate del Trentino, dalle mele all’uva ai piccoli frutti, sono fortemente condizionate dalla disponibilità d’acqua irrigua nei lunghi periodi di siccità. Volendo puntare sul massimo della qualità, la disponibilità d’acqua ai fini irrigui nei periodi di carenza è condicio sine qua non per fare qualità. Periodi sempre più frequenti di siccità a causa dell’impazzimento del clima con l’innalzamento della temperatura media e i picchi di siccità che si alternano a precipitazioni sempre più violente che eravamo abituati a vedere solo nell’Africa Subsahariana.

Com’è noto, le campagne del Trentino cominciando dalla Valle di Non, fin dagli anni ’50 del secolo scorso si sono dotate dei primi impianti irrigui che hanno permesso lo sviluppo di quella frutticoltura moderna che ha cambiato anche dal punto di vista economico le molte famiglie che ancora oggi vivono della frutticoltura.

Negli ultimi anni però è scattato l’allarme per la carente disponibilità d’acqua particolarmente nei periodi nei quali le piante hanno maggiore bisogno. Va ricordato che negli ultimi decenni grazie al forte sostegno dell’ente pubblico Provincia, la quasi totalità di impianti sovra chioma con i girandoloni, sono stati sostituiti prima dagli impianti a pioggia lenta e poi in impianti a goccia.

Ma il problema della carenza d’acqua a causa della riduzione della portata delle sorgenti e delle falde freatiche per la minore quantità di piogge cadute è diventato un’autentica emergenza. Per questo motivo su sollecitazione della Federazione Provinciale dei Consorzi Irrigui e di miglioramento fondiario, la Provincia ha costituito nel mese di luglio dello scorso anno un gruppo di lavoro coinvolgendo oltre all’Assessorato all’Agricoltura, la Fondazione Mach, la Facoltà di Ingegneria di Povo, oltre naturalmente la Federazione dei Consorzi irrigui. Il nostro impegno informa Lorenzo Cattani, direttore della Federazione dei Consorzi irrigui e di Miglioramento Fondiario del Trentino, ( 230 i consorzi associati), era quello di realizzare il progetto completo entro in 2024, ma vista la complessità della materia e i tempi necessari per il reperimento dei dati, si prevede che il piano completo sarà pronto solo il prossimo anno.

Molto interessante la scaletta di lavoro che si è dato il gruppo: si è partiti con vasto censimento coinvolgendo tutti i consorzi Irrigui e di Miglioramento Fondiario che gestiscono impianti irrigui al fine di conoscere quali sono le colture praticate su tutto l’estimo irriguo dei singoli consorzi, gli ettari riservati ad ogni coltura, l’attuale sistema irriguo, i tipi di terreni, la diponibilità d’acqua nelle varie stagioni dell’anno. Quando questi dati saranno reperiti i tecnici della Fondazione Mach effettueranno una stima puntuale del fabbisogno d’acqua della vaie colture siano esse meli, che viti, che piccoli frutti che ciliegi. Il tutto al fine di arrivare finalmente a dare in base all’agricoltura 4.0 la quantità d’acqua necessaria per ogni coltura nei vari stadi fenologici. Sulla base di questi dati si potrà ragionare su numeri certi dell’attuale rapporto fabbisogno e disponibilità dell’acqua a fini irrigui. Sulla base di questi dati saranno individuate da parte della Facoltà di Ingegneria di Trento le migliori soluzioni possibili al fine di raccogliere durante i periodo di disponibilità le acque per poterle poi distribuire nel momento del bisogno ai vari consorzi. Evidentemente sarà ispezionato anche l’intero sistema irriguo attuale al fine, di poter poi adeguarlo al minor consumo d’acqua possibile.













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