«Nelle mense scolastiche il problema non è la qualità» 

La replica di Dominici. Secondo l’ex presidente ora commissario della Comunità Valle di Non le proteste dei genitori sono fondate ma solo per quanto riguarda l’organizzazione del servizio 


Giacomo Eccher


Cles. “Una mela calibro 60, che non va neanche nel cassone da consegnare al magazzino ma direttamente all’industria! Ed è anche rugginosa!” È questo il messaggio di un lettore del Trentino che ci ha spedito il baby frutto servito al figlio come frutta in mensa scolastica. “Non c'è che dire, e sì che siamo nella valle delle mele, almeno era quello che credevamo!” - il commento, con un pizzico tra ironia ed amarezza. Il tema è sempre quello delle mense scolastiche, una vicenda che giorno dopo giorno si arricchisce di nuovi capitoli e nuovi particolari.

«Capisco le proteste dei genitori su quello che c’è da cambiare, ma non credo abbiano un fondamento sulla qualità dei prodotti, semmai sull’organizzazione che dipende anche dalla complicazioni legate alle disposizioni sanitarie post Covid. In ogni caso su questo punto eravamo già intervenuti per chiedere i correttivi prima ben che emergessero le proteste a livello di stampa» - spiega il presidente della Comunità valle di Non, Silvano Dominici, che da ieri è ufficialmente commissario a tutti gli effetti dell’ente.

Partiamo dalla mela calibro 60, è possibile? «Non posso escluderlo, può capitare, quello che escludo è che non si tratti di una mela prodotta e coltivata nella nostra valle, e non tutte sono fioroni, ma non per questo meno buone. Dopo anni che si mangiavano nelle nostre mense mele romagnole o presunte tali, quello della frutta nostrana era uno dei punti chiari nel capitolato d’appalto per l’affido del servizio» - afferma Dominici.

I disservizi lamentati dai genitori – spiega il neo-commissario – erano già stati rilevati dai sistemi interni di controllo attuati dalla Comunità di valle. «Verifiche periodiche che facciamo con personale interno ed anche attivando consulenti esterni e, per gli aspetti sanitari ed igienici, con i Nas che fanno i loro controlli. Quanto a qualità, conservazione e provenienza degli alimenti non è mai stati rilevato nulla e, lo sottolineo, il protocollo prevede un approvvigionamento privilegiando alimenti di provenienza provinciale e regionale, ove questo è possibile». Dominici cita come esempio due alimenti abbastanza comuni, la pasta che è assolutamente “bio” («E non penso che sia presente in tante case nonese» commenta) e lo yogurt targato Latte Trento o Vipiteno, due marchi al top del settore. E anche l’aceto è di provenienza valligiana.

Il punto da risolvere è dunque solo organizzativo perché non è simpatico, e nemmeno salutare, che gli alimenti arrivino già freddi nel piatto dei ragazzini. «Come ho detto, su questo abbiamo sollecitato il concessionario e mi risulta che si stia impegnando a farlo. Le soluzioni non sono immediate, ma c’è chi soffia sul fuoco» - afferma Dominici. E spiega: «I problemi ci sono, lo riconosco, ma certe polemiche si autoalimentano, e qualche forza politica sta cercando di cavalcarle. Forse sarebbe meglio indicare soluzioni!». Un chiaro riferimento all’interrogazione urgente che il gruppo del Patt ha depositato due giorni fa in Provincia.













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