Il Sae: «Distretto Biologico Trentino passo necessario» 

Val di non. L’associazione Sae Salute Ambiente Economia, plaude all’iniziativa del Comitato promotore per il Referendum sul Distretto Biologico Trentino e spinga per una conversione forte verso le...



Val di non. L’associazione Sae Salute Ambiente Economia, plaude all’iniziativa del Comitato promotore per il Referendum sul Distretto Biologico Trentino e spinga per una conversione forte verso le coltivazioni biologiche. «Realizzare il Distretto Biologico è il primo passo per un cambiamento necessario per il Trentino», scrive in una nota il portavoce Virgilio Rossi da tempo impegnato per un cambio di impostazione culturale oltre che colturale dell’economia trainante della valle di Non, la frutticoltura. L’economia infatti – scrive - non può prescindere dal rispetto della salute e dell’ambiente e anche l’agricoltura deve sapersi confrontare con l’ambiente: «Negli ultimi decenni l’uso dei pesticidi e fertilizzanti di sintesi, la monocoltura frutticola e vinicola hanno garantito agli agricoltori ottime produzioni in termini di quantità e qualità. Purtroppo l’ecosistema ha ceduto: le acque superficiali e persino quelle sotterranee acquifere sono significativamente inquinate da residui di pesticidi; il fenomeno dell’eutrofizzazione, dovuto alla presenza eccessiva d’azoto nei terreni ha impoverito l’erba da foraggio; l’espandersi delle monoculture ha favorito la perdita di biodiversità, dovuta ai disboscamenti, deturpando in parallelo il paesaggio variegato dell’agricoltura di montagna. Tutto questo incide sull’emissione di CO2 e quindi sui cambiamenti climatici in corso».

Inoltre, ed è la peggiore conseguenza evidenziata da Rossi, queste sostanze incidono sulla salute delle persone sia per la diffusione durante i trattamenti fitosanitari, sia per i residui che inevitabilmente si depositano negli alimenti: «La qualità della vita e la socialità vengono inficiati dalle conflittualità fra agricoltori e residenti nelle abitazioni limitrofe alle coltivazioni soggette a trattamenti fitosanitari. Quindi andare verso il biologico, diventa un obbligo per tutti, non è certamente una moda, ma una necessità. Gli stessi agricoltori, sono i primi a subirne le conseguenze: il cambiamento climatico ha favorito l’arrivo di nuovi insetti alloctoni che colpiscono irrimediabilmente le colture (cimice asiatica...) contro i quali l’uso dei pesticidi, anche più potenti, non riesce a debellarli; le monocolture portano a medio termine, alla riduzione dei margini di utile (ciò sta già accadendo in frutticoltura) dovuti alla concorrenza mondiale sempre più agguerrita.

«Siamo quindi di fronte ad un cambiamento del nostro sistema produttivo agricolo, ormai intriso di “chimica” ed a cui dobbiamo far fronte, non con le stesse armi, ormai inefficaci, ma innanzitutto con una presa di coscienza ed un approccio diverso», afferma Rossi, convinto che il metodo biologico, la diversificazione produttiva agricola (non solo monocolture e zootecnia intensiva), la sinergia con il comparto turistico(uso e consumo locale dei prodotti agricoli) rappresentano antidoti al negativo e progressivo impatto sanitario, ambientale, sociale, economico: «Nel piccolo e ricco Trentino il cambiamento necessario non sarà solo un impegno, ma anche un’opportunità, soprattutto per il mondo agricolo, che però deve capire l’insostenibilità dell’attuale sistema produttivo, non solo per il proprio interesse, ma per tutta l’economia trentina». G. E.















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