I pescatori rilanciano l’allarme cormorani 

Fauna e ambiente. Oltre ai 50 esemplari nella fossa di Mollaro, un gruppo è ormai stanziale anche a S. Giustina e da qui si spostano fino ai due laghi di Coredo: «Situazione insostenibile» 


Giacomo Eccher


Val di non. Il clou della stagione dei cormorani si sta esaurendo ma i pescatori nonesi, così come i colleghi delle altre vallate trentine, sono sempre più allarmate per la “concorrenza” di questo grosso uccello che – come dice il presidente dell’Associazione Pescatori della valle di Non, Marco Gilli – sta provocando grossi danni al sistema ittico in generale. Parlando di dati, l’ultimo censimento serale dei cormorani presenti in varie zone “dormitorio” del Trentino eseguito da personale dell’Ufficio faunistico della Provincia ha dato i seguenti risultati: 30 esemplari presenti alle foci dell’Avisio, 17 a Toblino, 14 a Caldonazzo, 41 a Ponte Pià, 9 al lago di Ledro, 8 a quello di Molveno, 50 nella fossa di Mollaro che si trova a valle della diga di Santa Giustina. Totale: 169 presenze.

Restano in Trentino per un periodo superiore agli anni precedenti? Sembrerebbe di sì, come scrive il professor Sergio Ferrari in una recente intervista a Fabrizio Baldessari, il funzionario che per la Provincia coordina le operazioni di monitoraggio sui cormorani. Nel mese di aprile del 2018 le presenze erano solo 93 e nel 2017 erano ancora di meno, 73, ma non è da escludere che il forte divario sia legato al mancato conteggio negli anni precedenti dei cormorani presenti nella fossa di Mollaro. Un gruppo stanziale oramai fisso tutto l’anno c’è pure sul lago di Santa Giustina – afferma Gilli – e da qui i cormorani spaziano anche verso i due laghi di Coredo dove all’imbrunire non è raro vederli all’opera mentre planano sullo specchio d’acqua alla ricerca di pesce. «Una soluzione va trovata, per i pescatori questa è una situazione insostenibile. Ne abbiamo parlato nei giorni scorsi in un incontro in Provincia a Trento dove a quanto pare si sta finalmente prendendo sul serio il problema», commenta Gilli.

Cormorani a parte, la stagione ittica 2019 deve fare i conti anche con un altro problema, le conseguenze della tempesta Vaia di fine ottobre 2018 che, oltre alle foreste, alla viabilità e alla sentieristica ha causato ingenti danni ai torrenti provocando smottamenti, caduta di piante in alveo e distruggendo in molti tratti le ‘buche’ che sono l'habitat naturale dei pesci di torrente. I danni maggiori causati dalla tempesta Vaia in Valle di Non, almeno per quanto riguarda il mondo ittico, si registrano soprattutto su due torrenti, il Barnes e lo Sporeggio. Dal Barnes in val di Bresimo – come relaziona Gilli – il pesce è letteralmente scomparso e nello Sporeggio, in bassa Valle di Non vari smottamenti hanno compromesso in più punti l’alveo.

«Sul Barnes cercheremo di intervenire accelerando le semine mentre lungo lo Sporeggio in questi giorni c’è fortunatamente un cantiere dei Bacini Montani che sta sistemando e consolidando le sponde, un’operazione fatta con grande professionalità e rispetto ambientale che dovrebbe portare in breve tempo ad una normale vita ittica del torrente», conferma il presidente Gilli. E si dice fiducioso per la disponibilità dimostrata in questi mesi dall'assessore provinciale all’Agricoltura, Foreste, Caccia e Pesca Giulia Zanotelli per il ripristino di condizioni ittiche di normalità. Il ruolo dei pescatori infatti è anche quello di sentinella ambientale per segnalare casi d’inquinamento. Memorabile quello del marzo 2018 nel rio San Romedio nel cui processo contro i responsabili i pescatori Valle di Non si sono costituiti parte civile.

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