«Dopo Bruno basta orsi a San Romedio» 

San romedio. Va bene presentare all’Unesco la domanda per dichiarare l’eremo di San Romedio Patrimonio dell’Umanità, ma basta orsi quando verrà meno quello ospitato attualmente nel recinto attiguo...



San romedio. Va bene presentare all’Unesco la domanda per dichiarare l’eremo di San Romedio Patrimonio dell’Umanità, ma basta orsi quando verrà meno quello ospitato attualmente nel recinto attiguo all’eremo. Lo scrive in un’interrogazione in Provincia la consigliere Lucia Coppola che preannuncia il suo voto favorevole quando arriverà in aula la mozione in tema proposta dalla collega Paola Demagri. “Il Santuario di San Romedio non ha bisogno di un orso in carne ed ossa per attrarre visitatori. Questa zona di culto, di una bellezza unica e con un grande valore storico, artistico e culturale, non ha bisogno di sacrificare un orso a vantaggio di un riscontro turistico, specialmente se San Romedio diverrà, come auspico, Patrimonio dell'Umanità. E dopo Bruno nessun altro orso dovrà essere rinchiuso a San Romedio” - scrive Coppola nel documento che nelle premesse riassume alcuni tratti della storia, delle leggende e del significato devozionale e culturale del caratteristico romitorio noneso. Già nel 2011 - ricorda - l'allora consigliere provinciale dei Verdi Roberto Bombarda, riconoscendo l'alto valore artistico e culturale del luogo sacro, aveva chiesto, attraverso una mozione, approvata dal Consiglio provinciale, di valutare con la diocesi di Trento, gli allora Comuni di Coredo, Romeno e Sanzeno, la Comunità di valle e l'Apt, "l'opportunità di avviare l'iter per inserire il Santuario di San Romedio tra i luoghi riconosciuti come Patrimonio dell'Umanità dall'Unesco”.

Tornando all’orso, Coppola sottolinea che il santuario, pur vantando una storia più che millenaria, solo nel 1958 divenne “sede” di un orso in carne ed ossa con l’arrivo di Charlie, riscattato da un circo equestre dal conte Giacomo Gallarati Scotti, senatore del Regno d' Italia e ambientalista. Charlie è vissuto fino al 1966 quando è arrivato un altro orso, anch'esso chiamato Charlie, che negli ultimi anni poté godere di più spazio grazie al parco Adamello Brenta che nel 1990 ha costruito a San Romedio un più ampio recinto. Nel 1991 arrivarono così a San Romedio dalla gabbia di Sardagna gli orsi Chico e Chica che qualche tempo dopo ha dato alla luce due piccoli, Cleo e Cora, qui rimasti fino al 2007 quando sono stati trasferiti a Spormaggiore per far posto a Jurka, orsa ‘problematica’ che nel 2010 fu trasferita, dopo vari interventi del fronte ambientalista, nel recinto del Casteller e che ora vive in una piccola oasi nella Foresta Nera, in Germania.

Ora a San Romedio dal 2013 vive l'orso Bruno. “L'Apt della Val di Non racconta in questi giorni della bella amicizia nata tra l'orso e il suo custode Fausto. Quando Bruno venne liberato dalla cattività e trasferito a San Romedio, Fausto fu da subito incaricato di prendersi cura di quell’ospite tanto particolare e ancora oggi lo fa con dedizione e cura”. Ma – sottolinea Coppola – il recinto di San Romedio, che viene presentato come spazio grande un ettaro, in realtà è molto più angusto come documentano articoli di stampa. Per questo tra i sette quesiti proposti nell’interrogazione il primo, rivolto al presidente Fugatti, riguarda quanto sia effettivamente grande il recinto che ospita attualmente Bruno a san Romedio. La consigliera vuole anche sapere se quella zona sia davvero adatta ad ospitare un orso, la cui presenza, ribadisce, non è necessaria per attrarre turisti: “A memoria della leggenda dell’eremita di Thaur basta erigere una scultura in legno che la raffiguri”. G.E.















Scuola & Ricerca

In primo piano