IL CASO

Minacce, stupri, stalking: 30enne tunisino a processo

Sette anni di violenze tollerate e taciute fino a due anni fa, quando la donna, esasperata dai continui abusi, ha deciso di querelare l’ex compagno



TRENTO. È stato rinviato a giudizio dal Gup Marco La Ganga un tunisino di 30 anni accusato di ripetute violenze sessuali, stalking e maltrattamenti ai danni della compagna trentina, che da lui ha avuto due figli.

A carico dell’imputato, una lunghissima serie di episodi, che si sono protratti dal 2010 fino a due anni fa. A denunciarlo è stata la donna, esasperata dal comportamento persecutorio dell’ex fidanzato, di cui ha ripercorso le gesta in un dettagliato racconto allegato alla querela. Peraltro, il rinvio a giudizio gli è stato notificato in carcere a Padova, dove è detenuto per altri reati.

Il giovane era sbarcato in Italia a Lampedusa nel 2009, e dopo essere scappato dal Centro di accoglienza si era stato trasferito a Trento, dove aveva iniziato a bere in quantità smodata, vivendo in case abbandonate. Lei lo conosce nell’ottobre del 2010 e si propone di aiutarlo. Tra i due nasce una relazione, vanno ad abitare assieme - all’inizio in una casa abbandonata - ma ben presto lei si rende conto che lui, quando è ubriaco, diventa violento ed è fuori controllo. Le sue reazioni sono spesso esasperate e caratterizzate da una viscerale gelosia, che diventa il pretesto per picchiarla.

Nel proprio memoriale, la donna racconta che lui all’epoca spacciava stupefacenti per guadagnarsi da vivere e di essersi staccata da lui per un periodo di circa un mese, esasperata dalla situazione. Lui però torna e la convince a ricominciare, non senza averla obbligata ad un rapporto sessuale lungo l’Adige. Tornano così a vivere insieme, in un residence ma lui manifesta sempre più inquietudine e nervosismo, e qualsiasi discussione finisce in violenze: schiaffi, calci in pancia e sulla schiena (anche mentre lei era incinta), testate in faccia, anche per strada, provocandole lesioni che la costringono più volte a rivolgersi al pronto soccorso. Ai sanitari però lei racconta versioni di comodo. 

Nel frattempo, lui viene fermato per spaccio e nei guai finisce anche lei, perché la droga era nascosta in casa. Tuttavia la storia non finisce: lui si trasferisce in Sicilia, per scontare i due anni di condanna ai domiciliari a casa della sorella, e lei lo segue. Nel frattempo nasce il primo figlio, i due tornano a Trento e lui torna a spacciare, e ricominciano le violenze, fino a quando la donna, che nel 2016 ha avuto un altro figlio, decide di tornare dalla madre assieme ai bambini. Le violenze e le minacce arrivano al culmine, perché l’uomo va a casa dei genitori di lei e cerca di sfondare la porta. Lei chiama i carabinieri, ed è a quel punto che decide di vuotare il sacco, raccontando i quasi sette anni di inferno, con dovizia di certificati medici che parlano di contusioni e traumi seri. Ora, affidata alla tutela dell’avvocato Marcello Paiar, chiede anche un risarcimento di 50 mila euro.













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