«Porfido, autorità ad hoc per tutelare i lavoratori» 

La proposta. Fillea Cgil e Filca Cisl in un lungo intervento si rivolgono alla giunta provinciale  chiedendo il massimo rispetto della legge 1/2017 e un aumento significativo dei controlli



Valle di cembra. Le deroghe all’obbligo di lavorazione del porfido estratto sono pericolose. Lo ribadiscono in un lungo comunicato i sindacalisti trentini di categoria, Sandra Ferrari e Moreno Marighetti per la Fillea Cgil e Fabrizio Bignotti per la Filca Cisl. Per questo, oltre a chiedere il rispetto delle regole fissate nella legge 1/2017 sull’obbligo di lavorazione del grezzo in cava, sulla tracciabilità e trasparenza delle seconde lavorazioni e sulla tutela della qualità del lavoro, propongono alla Provincia l’istituzione di un’autorità ad hoc la cui finalità sarebbe «di ostacolare le infiltrazioni della criminalità che l'operazione Perfido ha portato in evidenza nelle cronache di questi mesi».

«Il 2021 - osservano i sindacalisti - rappresenta un termine temporale importante: con l’anno prossimo infatti, sulla base di quanto prevede la legge, le aziende concessionarie sono obbligate alla lavorazione di almeno 80% del materiale estratto con propri dipendenti e alla tracciabilità del restante 20%. Inoltre vi è obbligo da parte del concessionario della solidarietà retributiva e contributiva nei confronti dei lavoratori delle ditte della seconda lavorazione. Per quanto riguarda poi il sistema mirato dei controlli la legge prevede un coordinamento fra gli organi ispettivi. A tale proposito, come più volte ribadito, è assolutamente necessario prevedere un aumento significativo dei controlli potenziando gli organici sia della polizia mineraria, dell’Uopsal e degli ispettori del lavoro».

Sono tutti questi passaggi fondamentale per cui i sindacati, Fillea e Filca del Trentino, si sono spesi con convinzione durante l’iter di definizione della norma e fino alla sua approvazione 3 anni fa. «Le nostre organizzazioni sindacali hanno contribuito e sostenuto la modifica della legge 7 condividendo importanza della tracciabilità del prodotto e l’aumento della lavorazione del grezzo, anche per la tutela dei lavoratori e la qualità del lavoro, per contrastare artigiani border-line, anche alla luce del rischio di infiltrazioni mafiose. Resta infatti per noi prioritario il tema della tutela del lavoro e del contrasto ad ogni forma di abuso, che danneggi in primis i lavoratori, ma anche l’intero sistema trentino».

«Siamo convinti - proseguono Ferrari, Marighetti e Bignotti - che per lo sviluppo della filiera e la qualità del lavoro e la crescita della occupazione è assolutamente prioritario lavorare il prodotto estratto riducendo la lavorazione del grezzo. Le spinte da parte del mondo imprenditoriale per derogare all’obbligo normativo, il cosiddetto 80/20, sono molto pericolose e vanno contro tutto impianto della legge 1».

Secondo i sindacati, i presupposti per la realizzazione di un marchio di qualità del porfido, dovranno inevitabilmente partire da questi ragionamenti, e dall’obbligo di lavorazione del porfido. Inoltre «il marchio - aggiungono - dovrà essere attribuito alle cave e agli artigiani della seconda lavorazione che rispettano le norme e la solidarietà contributiva e retributiva, il rispetto dei contratti di lavoro nazionale e provinciale, e la tutela delle condizioni di lavoro e della sicurezza dei lavoratori. Sarebbe anche importante definire quali saranno gli organismi che dovranno garantire il rispetto del marchio di qualità».

In conclusione, è necessario, che la giunta provinciale «applichi con rigore quanto definito dalla legge 1/2017 evitando deroghe che inevitabilmente rischiano di contrastare la regolamentazione del processo estrattivo e la lavorazione del porfido bene pubblico, con pesanti ricadute sulle condizioni dei lavoratori e sulla legalità del distretto».













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