In consiglio a Lavis si è sfiorata la rissa 

Marcon fuori microfono: la Ceccato non ha fatto nulla per 5 anni. La leghista furibonda: rimangiati quanto hai detto


di Daniele Erler ; w


LAVIS. Certe scene non si erano mai viste a Lavis, almeno a memoria di cronista. Giovedì sera l’aula del consiglio comunale ricordava quella del Parlamento nelle peggiori sedute. O un salotto televisivo di un programma spazzatura. Quando il confronto fra le idee degenera nelle grida, al limite della rissa (per fortuna solo verbale). Motivo del contendere è un commento fuori microfono del consigliere del Pd, Enzo Marcon: «Lei non ha fatto nulla per cinque anni», dice durante la discussione sui lavori da fare in zona industriale a Lavis. Una frase che non abbiamo sentito, ma che ci è stata poi riferita dal diretto interessato e confermata, in disparte, da altri due consiglieri. Il riferimento è alla capogruppo della Lega, Monica Ceccato, un tempo in maggioranza e ora all’opposizione. Dall’altra parte dell’aula, lei dice invece di aver sentito la stessa frase, ma con un linguaggio ben più colorito. Prende il commento come un’offesa personale che ritiene troppo grave perché possa essere accettata. Inizia a gridare, senza più freni: «Adesso si rimangia quello che ha detto». E poi: «Se dite che le offese sono colpa mia perché provoco – urla – è come dire che una donna merita di essere stuprata perché è in minigonna».

La situazione sfugge di mano, con il presidente del consiglio che solo a fatica tenta di riportare la calma: «Non posso permettere che il consiglio degeneri in questa maniera». Sono ormai passate le 22: il consiglio comunale è iniziato da più di cinque ore. La sensazione è che l’epilogo sia solo il risultato di un lento montare di nervosismo, coltivato da entrambe le parti per tutta la serata. Con la stessa Ceccato che condisce – come abitudine – quasi ogni intervento con provocazioni, commenti fuori microfono, gesti talvolta plateali e frecciatine. È un suo stile passionario di vivere la politica: un modo di fare opposizione che si discosta – non per idee ma per atteggiamenti – anche dai suoi compagni di minoranza e persino di partito. Anche loro non risparmiano le strigliate alla maggioranza, ma hanno un modo di porsi decisamente più moderato e dal punto di vista dialettico meno violento.

Così succede anche il paradosso che giovedì, a fine seduta, il primo a rivolgersi alla capogruppo della Lega – rimproverandole l’atteggiamento – è un consigliere di un’altra lista di minoranza: la Lavis Civica. Intanto, dall’altra parte dell’aula, Marcon si lamenta con il presidente del consiglio Paolo Facheris – entrambi sono stati eletti nel Pd – perché, secondo lui, non è intervenuto in maniera abbastanza tenace per difendere tutto il Consiglio. Ma non era facile frenare l’impeto, durante lo scontro. Di certo, a poco più di un anno dalle prossime elezioni comunali e a pochi mesi dalla campagna elettorale, in consiglio a Lavis la tensione è alta. Chi ha più esperienza d’aula cerca di sdrammatizzare, ma il risultato è che di molte ore di consiglio rimane impresso soprattutto il finale: con un’istituzione svilita da provocazioni, offese, urla e un epilogo che non ha nulla di ordinario. «Dobbiamo abbassare i toni – dice Facheris – non provocare, restare sugli argomenti in discussione, migliorare gli atteggiamenti. Tutte queste polemiche non servono a nulla: solo ad avvelenare il clima e non è un buon servizio alla comunità. Il clima deve cambiare. Perché così non si può andare avanti».

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