Fino in cima alla Marmolada malgrado la protesi alla gamba 

Un’ altra impresa. Non è la prima per il lavisano Gianluigi Rosa, che due anni fa aveva scalato il Campanil Basso. «Così ti accorgi davvero che la vita non si è fermata il giorno dell’incidente»


DANIELE ERLER


Lavis. È una storia di vita prima che di sport, quella di Gianluigi Rosa, 31 anni, di Lavis. In poche settimane ha conquistato prima la vetta della Marmolada e poi il Sasso del Ferro in provincia di Varese, a picco sul lago Maggiore.

La particolarità è che Gianluigi dal 2004 ha perso la gamba destra, amputata dopo un drammatico incidente in moto, sulla strada che scende da Fai della Paganella. Come lui ci sono sempre più persone che in tutta Italia affrontano le gare verticali in montagna con l’aiuto di una protesi. Sono uomini “bionici”, con la voglia di dimostrare che i limiti sono fatti per essere superati, come ha fatto Gianluigi sui 3.265 metri di punta Rocca, sulla Marmolada: «Così ti accorgi davvero che la vita non si è fermata il giorno dell’incidente», racconta al Trentino.

Il “Team tre gambe”

La squadra che riunisce questi sportivi si chiama ironicamente “Team tre gambe”. È nata durante una gara sul monte Baldo, quando tre amputati – Moreno Pesce, Giuliano Mancini e Heros Marai – si sono guardati e hanno capito che da allora in avanti quello sarebbe stato il nome migliore per identificarli. Oggi il “Team tre gambe” si è ampliato e riunisce una ventina di amputati in tutta Italia: si alternano nelle gare in montagna, nelle arrampicate e in piccole imprese sportive. Fra loro ci sono anche Marco Cozzio di Spiazzo, in val Rendena, e appunto Gianluigi Rosa di Lavis: «Quando a 17 anni rimani senza una gamba ti crolla il mondo addosso. È naturale fare i pensieri peggiori – ricorda Gianluigi –. Magari all’esterno appari come una persona forte che ha saputo reagire da subito. Ma non è così. In realtà, quando subentra una disabilità, ti influenza nell’intimo: si creano complessi, anche solo per motivi estetici. Ci vogliono anni per accettare questa condizione. Poi impari a considerare quello che hai, non solo quello che hai perso».

Sulla Marmolada

Il tragitto per la rinascita è pieno di ostacoli, ma Gianluigi lo ha affrontato grazie a due fattori: all’esempio di altre persone nelle sue stesse condizioni e alla forza dello sport.

«Quando vedi che sei bravo a fare qualcosa e che ti diverti nel farlo, allora inizi a capire che la vita continua, anche con una gamba in meno». Il resto è merito della passione, dell’allenamento e dell’impegno.

Gianluigi si è specializzato nello sledge hockey – l’hockey per disabili – fino alla conquista della maglia da titolare nella nazionale italiana. Ha partecipato agli europei, ai mondiali e alle paralimpiadi. Poi è tornato alla passione per la montagna. Due anni fa ha scalato il Campanil Basso, nel cuore del Brenta, a più di 2.800 metri.

L’ultima impresa è stata quella sulla Marmolada, dove i metri sono più di 3.200. Gianluigi li ha raggiunti salendo con scarponi e ramponi, a ritroso sulle piste da sci. Con lui c’era Moreno Pesce, veneto di 43 anni che ha perso la gamba nel 1997. Due uomini e due gambe, a guardare il mondo dall’alto. Con la soddisfazione di chi ce l’ha fatta.















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