la polemica

La docente Giacomoni: «Chi non vuole i green pass ha torto: non è libertà, ma puro arbitrio»

La professoressa di Storia della filosofia dell’Università di Trento replica ai filosofi Cacciari e Agamben, consacrati a idoli dei no-vax: «Parlano come se le azioni di ciascuno non avessero delle conseguenze sugli altri»


Fabio Peterlongo


TRENTO. «Una moderna indagine filosofica non può escludere i risultati del sapere scientifico e i filosofi che sono intervenuti sulla questione vaccini e green pass, esprimendo posizioni contrarie, non sono i più preparati, solo i più noti». È netto il giudizio che la professoressa Paola Giacomoni, docente di Storia della filosofia e del pensiero scientifico presso l’Università di Trento, dà delle posizioni assunte da filosofi come Massimo Cacciari e Giorgio Agamben, consacrati a idoli dai no-green pass e dei no-vax. Giacomoni contesta il ricorso al coro “libertà” da parte di chi si dice contrario alle restrizioni: «Quella che queste persone chiedono non è libertà, ma puro arbitrio, come se le azioni di ciascuno non avessero delle conseguenze sugli altri». La presa di posizione della professoressa Giacomoni riecheggia l’appello firmato da un centinaio di docenti universitari di filosofia di tutta Italia che sostengono le misure governative atte a contenere la diffusione della pandemia.

Professoressa Giacomoni, che cosa ha pensato sentendo le parole dei filosofi Cacciari e Agamben su green pass e vaccini?

I filosofi hanno sempre avuto un profilo di impegno civile ed è naturale che ciascuno voglia esprimere la sua opinione. Ma non tutte le opinioni sono opinioni autenticamente filosofiche, ovvero razionali. Finora gli interventi con maggiore risonanza sono stati quelli portati avanti da pochi filosofi che sono di certo i più noti, ma non i più preparati. Io mi sento più vicina ai loro critici, come i cento firmatari dell’appello che sostiene il green pass e le vaccinazioni. Vedendo i nomi dei firmatari, riconosco colleghi che hanno coltivato un approccio alla filosofia che include l’orizzonte del sapere scientifico. Cacciari e Agamben arrivano invece dalla tradizione di Heidegger, che è una grande tradizione ma lontana dalla modernità scientifica. Heidegger e i suoi allievi sono lontani dalla modernità perché studiano lo spirito e non il corpo, come fossero mondi a sé stanti.

Per non cadere nella tentazione della tuttologia, è importante che chi studia le discipline umanistiche acquisisca anche delle competenze scientifiche?

La filosofia è più di un’opinione perché condivide con la scienza l’utilizzo della ragione. Per questo è importante che nei corsi umanistici siano attivati dei percorsi che sensibilizzano al pensiero scientifico, come accade a Trento, dove c’è un percorso specifico di laurea in filosofia che integra l’approccio umanistico con la matematica, la logica e la storia del sapere scientifico. Sappiamo bene quanto è importante oggi essere attrezzati su questi temi. Non possiamo portare avanti riflessioni filosofiche slegate dai dati, perché la ricerca empirica è importante. I filosofi come Cacciari non tengono per niente in conto i dati, come se la filosofia potesse farne a meno. Compito della filosofia è quello di organizzare i dati scientifici nella riflessione, non può prescindere da essi.

Ma qualcuno obietta che la filosofia è la disciplina del ragionamento in libertà, dei pensatori “fuori dagli schemi”, contro il “mainstream”. Che ne pensa?

C’è questo luogo comune sulla filosofia come disciplina controcorrente a prescindere, ma è semplicemente un errore. È vero che la filosofia offre spesso delle prospettive critiche verso le narrazioni diffuse, ma è ben diverso dall’essere “contro” a prescindere, come se il filosofo fosse una sorta d'intellettuale maledetto. No, la filosofia si basa sulla ragione, non sull’essere contro per principio.

La parola “libertà”, su cui la filosofia si interroga da tre millenni, è diventata l’ossessione di chi protesta e il miraggio da riconquistare per chi sostiene la risposta delle istituzioni. Come si definisce la libertà ai tempi della pandemia?

Aristotele definisce la libertà come la facoltà dell'individuo di determinare la sua azione senza il condizionamento di fattori esterni, ma con un’adeguata conoscenza di tutte le circostanze che contornano la scelta. Insomma, non basta un’opinione, serve la ragione e la conoscenza. In quelle piazze, la parola libertà viene declinata in un modo molto diverso: è la libertà da ogni costrizione, da ogni vincolo, come se non vivessimo in una società, come se la legge di causa-effetto non esistesse e le nostre azioni non avessero conseguenze sugli altri. Non è libertà, è puro arbitrio. Eppure vediamo le conseguenze di questa malintesa libertà: le vediamo negli ospedali, ma anche presso le attività economiche, come i bar, i ristoranti, che rischiano di dover chiudere di nuovo.

Le parole dei filosofi oggi vengono rilanciate sui social-network e diventano slogan. Ma i filosofi sono consapevoli di quanto vengono deformate le loro prese di posizione nel dibattito?

Quando pubblico sui social-network riflessioni di questo tipo sono spesso aggredita ed è un grande problema. Occorre trovare un linguaggio filosofico adatto a quel contesto e molti filosofi riescono a rimanere autorevoli ed ascoltati, nonostante le difficoltà di mantenere un profilo alto in un ecosistema in cui le persone parlano senza filtro e ognuno vale uno. I filosofi hanno la grande responsabilità di trovare parole non banali per riuscire a mantenere una voce autorevole anche nei social.

 













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