Dillo al Trentino

«Il mio Zecchino d’Oro del 1973: vi racconto com’è andata»

Valentina Cadamuro partecipò con «Il festival pop». Ora fa l’insegnante a Rovereto e con le sue parole ci porta nel mondo di Mago Zurlì, Mariele Ventre e della televisione di cinquant’anni fa quando non c’erano i social (e i talent)



TRENTO. L’anno scorso la piccola Vittoria di Pergine Valsugana ha gareggiato per la vittoria fino all’ultimo, riportando il tifo per lo Zecchino d’Oro anche nelle case dei piccoli trentini. E mentre si riaprono le porte in vista dell’edizione 2022 con un casting online, oggi raccontiamo una piccola, bellissima storia di casa nostra dello Zecchino d’Oro che fu.

A raccontarcela è Valentina Cadamuro, che proprio nel leggere la notizia del casting ha voluto ripercorrere per i lettori di “Dillo al Trentino” la sua esperienza.

«Buongiorno, ho letto con un pizzico di nostalgia il vostro articolo sui cast per lo Zecchino d'Oro 2022. Ebbene sí, sono una dei trentini che hanno preso parte allo Zecchino d'Oro, quello del lontanissimo 1973. Allora abitavo a Storo, ora vivo a Rovereto.

La mia canzone era “Il festival pop”, rimasta praticamente sconosciuta.

Ricordo con grande piacere quell'esperienza e consiglio a tutti i bambini a cui piace cantare ed esibirsi di provare, senza troppe aspettative e dando il meglio di sè.

Il canto è rimasta la mia passione, da sempre canto in cori, gruppi e come solista. Il mio lavoro peró è quello della maestra alla scuola primaria», aveva scritto Valentina via mail a dilloaltrentino@giornaletrentino.it.

Poi, stimolata dalla nostra redazione ad aprire lo scrigno dei ricordi, ci ha raccontato nel dettaglio quel suo bellissimo Zecchino.

«Già da piccolina ho sempre amato cantare e mi piaceva ascoltare le canzoni alla radio.

Le suore dell'asilo di Storo che frequentavo, in particolare Suor Ernesta, erano tutte contente perché imparavo in fretta le varie canzoncine, e proprio loro, quando avevo 5 anni, proposero ai miei genitori di accompagnarmi a Pinzolo, perché avevano sentito dire che c'era una specie di provino gratuito e aperto a tutti i bambini fino agli 11 anni.

I miei dapprima erano molto titubanti, poi, su insistenza di Suor Ernesta, accettarono.

A Pinzolo, era l'estate 1972, scelsero 40 minicantanti, i quali, dopo aver scelto e imparato una vecchia canzone dello Zecchino, furono accolti nel cinema di Madonna di Campiglio per partecipare a una serata-concerto davanti al pubblico.

Le Suore per me scelsero la canzone «Per un bicchier di vino», me la insegnarono e il 26 luglio eccoci pronti per il concerto.

Nel pomeriggio cantammo tutti e 40 e per la sera fummo scelti in 10.

Ci esibimmo con l'orchestra del maestro Bussoli, allora era l'orchestra che collaborava con lo Zecchino.

Finito di cantare tornavamo dai nostri genitori in platea.

Il primo ricordo che ho è quando mio papà Giusto, che mi aveva in braccio, mi sollevò entusiasta quando Mago Zurlí, venuto a Campiglio per presentare la serata, decretò la vincitrice della serata.

Eravamo davvero felicissimi e per di più i vari sponsor mi riempirono di regali, tra cui un mangiadischi portatile per dischi 45 giri e una preziosa raccolta di 45 giri delle più famose canzoni dello Zecchino.

A novembre, dopo aver imparato a casa un secondo pezzo, ci presentammo all'Antoniano di Bologna.

In tutto per le selezioni nazionali eravamo 240.

Ci ascoltarono a porte chiuse per 2 giorni consecutivi, ripresi dalle telecamere.

Con noi c'erano delle ragazze che nei tempi morti ci facevano giocare.

I nostri genitori ci aspettavano nei corridoi e ogni tanto usciva un signore ad avvertire che il tal bimbo poteva tornare a casa.

Quindi alla famiglia veniva data una busta con il costo sostenuto per la benzina e un arrivederci.

Personalmente non ho mai avvertito il senso della competizione, cantavo e basta, non mi rendevo conto della situazione e intorno a me non ho visto bambini tristi. Per tutti era come un gioco e i genitori condividevano questo gioco.

Comunque alla fine fummo scelti in 23: 15 come solisti e 8 per il coretto delle regioni. Rappresentavamo un po’ tutte le regioni italiane, ancora non c'erano bambini stranieri.

Nel contempo fummo abbinati alle 12 canzoni in gara e a me diedero «Il festival pop».

Tornammo a Storo, intanto avevo iniziato la prima elementare.

Ci avevano anche dato il testo scritto della canzone, che mia mamma pazientemente mi insegnò e un disco 74 giri con la mia canzone incisa con la voce della bravissima maestra Mariele Ventre.

Io la ascoltai tante volte, finché la imparai.

La diretta in eurovisione era prevista per il 19 marzo.

Venti giorni prima io e la mia mamma ci trasferimmo a Bologna  in una piccola pensione, perché per 20 giorni facemmo le prove per la trasmissione. Non abbiamo sostenuto nessuna spesa per vitto e alloggio.

Mi diedero il vestito per la diretta e un altro per le fotografie e nel frattempo abbiamo anche inciso il 33 giri.

Il 18 marzo cantammo all'edizione radiofonica in diretta dello Zecchino e in quell'occasione il mio pezzo arrivò secondo in classifica.

Il giorno dopo cantammo in tv, in eurovisione, alla fine il pezzo arrivó al settimo posto.

I genitori non potevano assistere tra il pubblico, ma solo vederci sullo schermo.

Sono sempre rimasta tranquilla, non mi rendevo molto conto di tutto questo.

Nel periodo precedente alla trasmissione, ogni tanto i frati dell'Antoniano ci invitavano a cena o a pranzo, insieme a tutto lo staff, compresa Mariele Ventre e Cino Tortorella. Abbiamo dei ricordi bellissimi.

Alla fine tutti noi bambini abbiamo ricevuto lo stesso premio: un 33 giri con le nostre canzoni, autografato da Mariele e una bellissima bambola per noi bambine e un gioco di costruzioni per i maschietti. Avevamo legato molto con alcune famiglie: di Trieste, di Asti, di Salerno, di Ragusa.

Per un po’ ci siamo tenuti in contatto, poi si sa come va, non ci siamo più sentiti.

Unici nei: il 1973, per la prima volta, Cino Tortorella sveste i panni di Mago Zurlì e si presenta in abiti classici.

Per la prima volta l'orchestra non si esibisce dal vivo, durante la diretta si canta su base registrata.

Nel 1973 vinse meritatamente «La sveglia birichina», davvero un pezzo intramontabile.

Quando tornai nel mio paese mi accolsero con grandi feste.

Fui chiamata in Lombardia, Veneto e Trentino per partecipare a manifestazioni canore. L'anno che arrivò Claudio Villa a Storo, fui ospite nel suo concerto. Da allora ho sempre cantato in cori, gruppi, band e come solista. Ho anche conseguito il diploma inferiore di canto al conservatorio di Trento, sezione Riva del Garda.

Di questa esperienza non posso che parlare in positivo e quando sento certe critiche dico che alla base di tutto c'è l'atteggiamento delle famiglie. Se il bambino sente la pressione dell'eccessiva aspettativa dei genitori e in generale degli adulti, qualsiasi esperienza, anche una partita di calcio o una gara di sci possono risultare deleterie per uno sviluppo equilibrato. È sempre una questione di buon senso e di dare il giusto peso agli eventi che possono capitare.

Altro discorso, a mio parere, va fatto per i talent, pensati per persone adulte.

Partiamo innanzitutto dal fatto che per esempio X Factor viaggia su una base di decine di  migliaia di aspiranti cantanti.

Penso che in questo caso conti anche molto essere già nel giro, conoscere le giuste persone e a volte anche avere un certo budget.

Ho avuto l'occasione di conoscere giovani musicisti e cantautori bravi che cercano di avvicinarsi a questo mondo, ma ci vuole veramente qualcosa in più e penso anche una bella dose di fortuna e di giuste coincidenze.

Penso di essermi dilungata anche troppo! Vi ringrazio per lo spazio che mi avete concesso.

Un cordiale saluto e complimenti per il vostro giornale», conclude Valentina Cadamuro.













Scuola & Ricerca

In primo piano