la rimpatriata 

Ricordi ed emozioni con Maestri 

Saliti a Campiglio gli amici Fava, Giambisi, Martini e Palma Baldo



CAMPIGLIO. Campiglio val bene un saluto al grande vecchio della montagna, sapendo che rivedere gli amici alpinisti e i compagni di cordata, di tante leggendarie avventure per Cesare Maestri è una boccata d’ossigeno. Già perché la vita di Cesare ormai è un “ottomila”, sul quale l’ossigeno della gioventù si fa sempre più rarefatto e lo zaino degli anni da portare in spalla sempre più pesante. Anche se il ragno delle Dolomiti è uno che non molla mai, la battuta sagace spunta ancora spesso dietro lo sguardo umido e il passo incerto. Ieri a salutare Cesare c’erano Cesarino Fava, l’amico e il compagno di cordata del Cerro Torre, Almo Giambisi alpinista, guida alpina ed ex storico gestore del rifugio Antermoia sul Catinaccio, Sergio Martini e Palma Baldo. Sia Sergio che Palma, settimo uomo al mondo ad aver scalato tutti gli ottomila della terra lui, la compagna e grandissima alpinista trentina lei, non hanno certo bisogno di presentazioni, ma gli alpinisti tutti, giovani o meno giovani che siano sentono il bisogno quasi fisico di stringere la mano di Cesare. Quella stretta ancora così poderosa, piena di calore e densa di storia dell’alpinismo rappresenta un vissuto del quale ognuno vuole conservare qualcosa.

Vuoi per la tenacia che Maestri continua ad incarnare, vuoi per la fama conquistata, o piuttosto per la schiettezza del suo dire, la narrazione del suo scrivere. Agli amici che salgono fino alle pendici del Brenta Cesare regala sempre un sorriso e suo ultimo libro con dedica. Scrivere per Cesare rimane la corda che lo tiene legato alla vita, quel guardare dentro se stesso con occhi sempre diversi, con una nostalgia disincantata ma piena di slanci e di emozioni sempre nuove.«Vorrei scrivere un libro intitolato “resistere” - confessa agli amici -, perché questa non è una sfida inferiore alle altre. Vorrei raccontare quando per uno come me, fare 200 metri da casa al negozio diventa una scalata quotidiana, non solo nei miei passi, ma nella mia mente, la mente non tanto di un alpinista, ma di un uomo che ha vissuto con i piedi le mani e il cuore in parete». (e.b.b.)













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