Museo della Grande guerra: “culla” di storia e cultura 

Un’istituzione in valle del Chiese. Nell’ex municipio di Bersone l’associazione si è rinnovata «nel corpo e nell’anima». Locali più luminosi, raccolta reperti catalogata e tanta attività didattica


Stefano Marini


Valdaone. Con 27 anni di attività, 78 soci, 1.009 pezzi catalogati e una collezione in continua crescita il Museo della Grande Guerra in Valle del Chiese è ormai un punto fermo del mondo della cultura locale. Negli ultimi 3 anni il museo e l'associazione hanno conosciuto un grande rinnovamento e si preparano a crescere ancora di più.

«Siamo nell'ex municipio di Bersone, la nostra sede storica che, come l'associazione, si è rinnovata nel corpo e nell'anima - ha spiegato il presidente e esperto di storia locale Francesco Bologni in una recente riunione per presentare l'attività del museo - dopo tanti anni si avvertiva un po' di stanchezza e così nell'ultimo triennio ci siamo aperti a nuovi soci, abbiamo rinnovato i locali e siamo passati da una fase hobbistica e amatoriale ad una che procede in maniera più scientifica e ponderata, e questo soprattutto grazie ai nostri nuovi innesti. Facciamo fronte a tutti gli aspetti necessari a gestire un museo, dalla raccolta dei reperti alla loro manutenzione, catalogazione, restauro ed esposizione. Facciamo anche tanta attività didattica con gli studenti cui spieghiamo cosa fu la Prima Guerra Mondiale. Il nostro scopo non è però glorificare il conflitto ma al contrario farne comprendere la tragedia in modo che non si ripeta».

Massimo Parolari, da sempre una delle anime del museo, ha fatto invece il punto sulla situazione contingente dell'associazione: «Il museo è stato aperto quest’estate dopo 3 anni di fermo perché non volevamo perdere un’altra stagione. Sono stati fatti grandi passi avanti ma non siamo ancora a regime perché manca il permesso ad esporre le armi. Purtroppo ci manca l'autorizzazione della Questura di Trento, che viene concessa solo alle associazioni riconosciute dalla Provincia, una pratica per la quale ipotizziamo ci sia da attendere ancora qualche mese».

Infine Gaia Pellizzari ha spiegato quali passi sono stati intrapresi per rinnovare l'associazione: «Per prima cosa abbiamo provveduto ad inventariare tutti i nostri reperti per poi schedarli ed archiviarli. Oggi sappiamo dove si trova ciascun pezzo, che funzioni aveva, chi l'ha donato o lasciato in comodato d'uso, dove è stato trovato e ogni volta che un pezzo viene prestato si annota chi lo riceve e a quale scopo. Si è trattato di un grande lavoro ma necessario per rendere davvero fruibile il materiale. Il secondo passo invece è stato cambiare il modello espositivo. Niente più ricostruzioni ma solo i reperti suddivisi e mostrati per funzione. Quanto alla struttura è stata suddivisa in 3 sale. La sala delle armi, che come spiegato è ancora solo parzialmente allestita, la sala Cartocci (chiamata così in onore di uno dei soci fondatori venuto a mancare) che contiene tutto ciò che riguarda gli aspetti più intimi della vita dei militari e il salone centrale che invece contiene la parte più "guerriera" dell'esposizione con elmi, cappelli, divise, attrezzature da lavoro. Un altro criterio espositivo che ci fa piacere segnalare riguarda la scelta di presentare pezzi austroungarici e italiani uniti per sottolineare l'unità oltre la guerra. Nel complesso il nostro è un allestimento semplice e sobrio, con 1009 pezzi catalogati esposti al 98% e che danno forma a un museo rinnovato e in continua evoluzione».

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