per il mancato invito alla serata sul padre 

«Che sgarbo, addio Predazzo» 

Maria Fida Moro, figlia dello statista, si sfoga contro il Comune



PREDAZZO. Il tono di voce di Maria Fida Moro è calmo, ma risoluto. La decisione è presa. La figlia primogenita dello statista della Democrazia Cristiana ucciso 40 anni fa dalle Brigate Rosse, «autentica ambasciatrice e innamorata della valle di Fiemme e di Predazzo», affida al Trentino il suo sfogo. «Sono furibonda», cidice, contro la nuova «sgarberia dell’amministrazione di Predazzo, che per la seconda volta ha deciso di organizzare una serata su mio padre senza invitarci - spiega - preciso che noi abitiamo a 200 metri dal Comune. Ma nessuno, né un messo né un postino, ci ha recapitato un invito formale per il nuovo libro su mio padre».

La prima volta successe un paio d’anni fa. In occasione della commemorazione sul centenario della nascita del padre. Anche allora la famiglia Moro non fu invitata. La protesta della senatrice della X legislatura fu vibrante. «Ce ne andremo da questa terra», disse. Il nuovo e doloroso sgarbo ha gettato benzina sul fuoco. E fa concretizzare il progetto d’addio dalla terra fiemmese. «Ce ne andiamo da Predazzo e ci avviciniamo a Roma perché è uno sfregio quello che ci hanno fatto di nuovo», spiega Maria Fida Moro. «Non è educazione quello che hanno fatto. Capisco che Moro morto è molto più utile di Moro vivo, ma è vergognoso quello che ha fatto il Comune. Non verso di noi. Ma fare finta di ricordare una persona e togliere la presenza, la voce alle persone che lui amava non è un modo di procedere - spiega - sbagliare è umano, perseverare è diabolico. Con il loro atteggiamento hanno spezzato quell’amore che noi nutrivamo per questa bellissima terra. Ho un dolore immenso, nel cuore. Mi dispiace per certe persone, per l’ambiente. Ma ci trattano come cittadini di serie Z. Per questo ce ne torniamo a Roma». (n.f.)













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