il caso PEDRI

Durissimi i sindacati trentini: «La drammatica vicenda di Sara Pedri ha fatto solo da detonatore»

I segretari di Cgil, Cisl e Uil: «Non si tratta di un problema contingente ma rischia di essere strutturale, nessuno in Provincia può usare le questioni emerse nel reparto di ginecologia e ostetricia come giustificazione delle dimissioni di Benetollo»

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TRENTO. «Le dimissioni del direttore generale dell'Azienda sanitaria fanno emergere le difficoltà del governo provinciale nel gestire in trasparenza e nel rispetto dei diversi ruoli e funzioni il rapporto tra Piazza Dante e via Degasperi e la complessa macchina della sanità trentina. Non si tratta quindi di un problema contingente ma rischia di essere strutturale. Un problema per il quale la drammatica vicenda della dottoressa Pedri ha fatto solo da detonatore». Così i segretari generali di Cgil Cisl Uil del Trentino, Andrea Grosselli, Michele Bezzi e Walter Alotti.

«Lo diciamo quindi fin da subito: nessuno in Provincia può usare le questioni emerse nel reparto di ginecologia e ostetricia dell'ospedale Santa Chiara come giustificazione delle dimissioni di Benetollo e di quello che sta accadendo ormai da mesi in Azienda sanitaria. Se così fosse si farebbe torto in primo luogo al dramma vissuto della famiglia Pedri e si rischierebbe di non dare il giusto tempo e spazio all'accertamento dei fatti, per puntare invece tutto su un assolutorio processo sommario e sull'individuazione di un capro espiatorio. Questo non sarebbe accettabile, né utile a nessuno».

Secondo i sindacati, «vanno ripristinate la condizioni minime di autonomia e di rispetto delle prerogative dell'Azienda la cui assenza ha sicuramente pesato nelle dimissioni dell'attuale direttore generale che forse, con uno sforzo in più da parte della Giunta, potrebbero ancora rientrare».













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