Sfruttamento del lavoro, arrestati due ristoratori 

«Lavoratori con le piaghe ai piedi»: 70 ore a settimana per 600 euro al mese Indagine della Finanza sul «Sushiko» di viale Rovereto. I titolari, due cinesi, in cella


di Gianfranco Piccoli


RIVA. Uno dei lavoratori aveva le piaghe ai piedi: 10, 12 ore di lavoro al giorno, riposo settimanale spesso negato, ferie inesistenti, permessi e malattie detratti dalla paga (27 euro al giorno), decurtazione sistematica dello stipendio, che i lavoratori dovevano in parte restituire in contanti al datore di lavoro, fogli di dimissioni volontarie firmati in bianco e usati come arma di ricatto contro chi osava ribellarsi. Una macchina da lavoro infernale, che secondo le indagini andava avanti da più di due anni, per portare a casa non più di 600 euro al mese.

Non ultimo: dodici dipendenti, tutti cittadini pakistani fra i 18 e 30 anni, vivevano stipati in settanta metri quadri, in condizioni igienico sanitarie al limite, in un appartamento a S. Alessandro affittato da uno dei datori di lavori, dietro il pagamento di 200 euro al mese per vitto e alloggio. Vitto che consisteva in un po’ di farina al giorno e in qualche occasione da uova, pollo o verdure.

Un quadro agghiacciante quello disegnato dalla Guardia di finanza, scoperto in un ristorante non nella periferia degradata di qualche metropoli, ma al Sushiko di viale Rovereto, locale etnico in uno dei salotti buoni di Riva del Garda, al secondo piano del centro commerciale Blue Garden. In carcere a Spini di Gardolo, con l’accusa di sfruttamento del lavoro ed estorsione, è finito Feng Chen, 30 anni, cittadino cinese residente a Riva, noto come Yuri e titolare della Riva SK Srl, la società titolare del ristorante che fa parte di un franchising (45 locali in tutta Italia) con sede legale a Firenze. Con lui in carcere c’è anche il socio, il connazionale Feng Wang, 35 anni, residente a Riva, nello stesso appartamento dei dipendenti.

I dettagli dell’operazione sono stati illustrati ieri mattina a Trento dal comandante provinciale della Guardia di finanza, il colonnello Roberto Ribaudo, e della comandante della tenenza di Riva, il tenente Elena D’Onofrio. L’indagine “Giardino orientale” è partita a seguito di segnalazioni che hanno poi trovato riscontro soprattutto nella testimonianza di un cittadino pakistano di 29 anni. Secondo gli inquirenti, i titolari del ristorante sceglievano non a caso persone in particolare stato di bisogno per impiegarli in varie mansioni nel ristorante: cuochi, vice cuochi, lavapiatti o camerieri. A tutti, secondo la ricostruzione della Finanza, venivano imposti orari massacranti (dalle 10 alle 12 ore al giorno) e pause pranzo di soli 15 minuti. Ufficialmente le paghe erano di 1.100 euro, ma i titolari si facevano restituire ogni mese 300 euro in contanti. In un primo momento detratti direttamente, poi, con l’introduzione del tracciamento bancario, i lavoratori - secondo l’accusa - erano costretti a prelevare e consegnare il denaro. A rompere la catena è stato appunto il ventinovenne che si è rifiutato di restituire i soldi per la malattia presa in seguito alle piaghe ai piedi. Wang e Chen secondo l’accusa l’avrebbero messo alla porta presentando le dimissioni volontarie con una firma contraffatta.

Una catena spezzata con l’ordinanza firmata dal Gip Monica Izzo ed eseguita mercoledì mattina dai finanzieri di Riva del Garda.













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