Minacce e capanno bruciato al sindaco 

Forze dell’ordine al lavoro. Alessandro Betta ha fatto denuncia ai carabinieri. Due sere fa la postazione di caccia, realizzata come ricordo dai suoi genitori a Pianaura, è stata data alle fiamme: «Avevo un forte legame affettivo». I vigili del fuoco di Arco e Drena hanno fermato l’incendio


Gianluca Ricci


Arco. Un innesco efficace, tanto da resistere all’acqua caduta per tutta la giornata, una scintilla e poi il rogo: così le fiamme hanno distrutto l’altana di caccia che il sindaco Alessandro Betta aveva in una radura di Pianaura, “la postazione del primo cittadino”, come la chiamavano in città. Ora non c’è più: rimangono solo alcuni resti carbonizzati, il massimo che hanno potuto salvare nel tardo pomeriggio di venerdì i vigili del fuoco, prontamente intervenuti da Arco e da Drena quando è stato lanciato l’allarme. Per fortuna la pioggia ha evitato che le fiamme si propagassero al bosco vicino e i soccorsi sono riusciti a circoscrivere l’incendio e a spegnerlo nel giro di pochi minuti. Un atto doloso e premeditato, su questo non ci sono dubbi, visto che è difficile pensare ad un rogo spontaneo con tutta la pioggia scesa fin dal mattino. Ecco perché il sindaco, sconsolato per il vile gesto di qualche sconsiderato, si è recato ieri mattina presso la caserma dei carabinieri a presentare regolare denuncia.

Nessun sospetto, ovviamente, anche se Alessandro Betta non riesce ad escludere che l’inasprimento dei rapporti politici degli ultimi mesi sia servito da detonatore. Se a questo atto si aggiunge il fatto che il sindaco ha subito pochi giorni fa alcuni preoccupanti atti intimidatori, chiaramente riferibili alla sua attività istituzionale, il quadro si fa più delineato. Spetterà alle forze dell’ordine indagare, magari visionando le diverse telecamere sparse sul territorio a caccia di qualche indizio utile. Rimane comunque l’odiosità di un gesto che è difficile non collegare all’attività di Alessandro Betta e che nessuna incomprensione politica potrà mai giustificare: «Alla mia postazione di caccia tenevo molto – ha dichiarato ieri Betta dopo essere uscito dalla caserma dei carabinieri – non è certo una perdita economicamente rilevante, si trattava piuttosto di un forte legame affettivo con le tradizioni della mia famiglia, anche se andavo ormai di rado, a causa dell’intensificazione degli impegni istituzionali. Otto anni fa mio padre e mia madre si misero al lavoro e realizzarono quella postazione per donarla a me e ai miei figli. Non pratico più la caccia, anche se ho la licenza, ma ci andavo di tanto in tanto perché si trovava in un luogo straordinario ed era possibile avvistare animali con una certa frequenza».

Qualcuno insomma ha evidentemente saputo del grande valore sentimentale che quell’altana rivestiva per il sindaco di Arco e ha voluto colpirlo negli affetti. Un gesto materialmente poco significativo, ma impattante dal punto di vista personale. Un avvertimento? Al momento gli inquirenti non escludono alcuna pista. «Rimane il fatto – ha concluso Betta – che oggi fare il sindaco è diventato tremendamente complicato. Più si fomenta odio e più facilmente possono accadere episodi simili: anche per questo dobbiamo abbassare i toni del dibattito politico. Ma noi non ci facciamo spaventare: anche se ci sono in giro personaggi pericolosi, dobbiamo resistere per garantire il trionfo della legalità».













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