«Sclerosi, la speranza arriva dal Brasile» 

Un ax alpinista, malato dal 2009, si è sottoposto al protocollo sperimentale noto come “Coimbra”: «Risultati importanti. Ora porto a scuola mia figlia»


di Donato Riccadonna


ARCO. Ci sono date che uno non si dimentica per tutta la vita. Stranforino, questo il nome di fantasia che daremo al nostro protagonista, è malato di sclerosi multipla e non si dimenticherà mai di domenica 8 marzo 2009. È un arcense doc e proviene dal rione storico di Stranfora: non ci mette il nome per evitare curiosità che svierebbero il motivo di questo racconto, che per la prima volta rende pubblico e che potrebbe aiutare qualcuno che sta vivendo la sua stessa esperienza.

Stranforino ha 59 anni, una famiglia meravigliosa, e un passato escursionistico e alpinistico importante e molto conosciuto in quel di Arco. Dicevamo della data impossibile da dimenticare: quella domenica di marzo la primavera stentava ad affacciarsi per via del nevoso inverno che aveva piegato e spezzato diversi alberi. Cosa c’era di più bello che fare un’escursione nella neve con cane al seguito e bimba in spalla e salire da Campi al rifugio Pernici sotto il sole? Quello che non sa è che sarà l’ultima escursione della sua vita. Il mercoledì successivo da un occhio vede appannato come fosse sott’acqua. Si reca al pronto soccorso di Rovereto e viene ricoverato e gli riscontrano una neurite ottica. Fa tutta una serie di visite, ma tutto sommato gli esiti sono tranquillizzanti. Ma la malattia progredisce velocemente e ben presto sente sintomi di stanchezza che non lasciano presagire nulla di buono. I medici lo tranquillizzano e lo convincono che forse si sta facendo suggestionare dalle notizie che consulta in internet ma intanto comincia ad avere problemi di coordinazione del movimento e di equilibrio. A luglio il responso della risonanza magnetica è di quelli che nessuno vorrebbe sentire: sclerosi multipla. Stranforino piomba nell’incubo: nell’apice di felicità, deve mollare l’avviata impresa edile familiare e non sa che futuro dare alla piccola figlia, anche se è sicuro di avere sempre al suo fianco sua moglie e i fidati amici. Stordito incomincia una potente cura a base di cortisone e di immunosoppressori per placare il proprio sistema immunitario, ma questo ti espone a numerosi effetti collaterali. Anche se inizia ad accettare la malattia si guarda intorno e trova che a Ferrara, il medico Paolo Zamboni ha scoperto che con un intervento di “allargamento” della giugulare si può arrestare la malattia: ovviamente lo fa e per qualche mese ci sono degli effetti positivi, ma poi la “bestia” riprende vigore nonostante i potenti medicinali.

Si ritrova con la febbre 2 giorni su 7 e gli sembra che qualcosa al suo interno lo stia mangiando. E dice: “Basta! Non prendo più nulla. Se deve essere così è inutile opporsi e magari scelgo io il momento in cui staccare la presa”. Ma la vita gli riserva l’ennesima sorpresa. Stranforino da edile e camminatore diventa uno smanettone al computer e si imbatte in un protocollo di un professore brasiliano che si basa sull’assunzione ad alte dosi giornaliere di vitamina D. Trova anche che due italiani sono andati in Brasile ad imparare e portare questa cosa in Italia: uno è un cardiologo dell’ospedale di Torino ed anche lui ha una malattia autoimmune e quindi testa il trattamento prima su se stesso. Stranforino non perde nemmeno un secondo e si fionda a Torino a novembre 2014 e farà parte della pattuglia italiana di una trentina di pazienti che iniziano questo protocollo (ora sono 6-7000 seguiti da una decina di medici). Non ci sono controindicazioni ma di certo queste alte concentrazioni di vitamina D vanno compensate rispettando delle limitazioni alimentari. Per i primi 7-8 mesi i miglioramenti sono stati impercettibili, ma poi la stanchezza è incominciata a diminuire fino a sparire ed è aumentata la capacità di coordinare i movimenti e, importantissimo, cammina molto più sciolto. Ora dopo tre anni è autonomo e sicuro anche se i riflessi sono un po’ lenti e di sicuro non è più quello di prima.

Molte persone che con Stranforino condividono l’esperienza di questa malattia, magari non conoscono neppure il metodo Coimbra, magari hanno paura ad affrontare una strada diversa da quella che è stata loro indicata fino ad oggi. E qui Stranforino è stato molto chiaro: «Non giudico assolutamente gli altri. A me finora è andata bene e sono a disposizione gratuitamente a parlare di quello che ho fatto e che sto facendo. Adesso riesco ad accompagnare mia figlia a scuola e fare brevi passeggiate nel bosco con la mia famiglia. E questa è la cosa più importante».

La risonanza fatta nel 2016 è sovrapponibile a quella del 2009 il che significa che i peggioramenti sono stati cancellati. Ora è come si fosse liberato da un peso e, anche se non può più scalare vette e ghiacciai è come se avesse scalato la vita. Per sé stesso, prima di tutto. Ma anche per tutti noi. Grazie.















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