Quando la produzione Fiat  fu trasferita nelle gallerie 

La Gardesana occidentale da 22 a 2 ruote. Nel giugno del 1944 500 operai si misero a lavorare nell’Officina X Valletta diede di nascosto l’ordine di far saltare la galleria Panda se i tedeschi avessero voluto trasferire gli impianti


Donato Riccadonna


Alto garda. Questa è la storia che vide coinvolti la maggiore fabbrica automobilistica italiana, la FIAT, e la Gardesana occidentale tra il 1944 e il 1945. Ma torniamo qualche passo indietro: il decennio antecedente lo scoppio della Seconda guerra mondiale fu caratterizzato dalla politica autarchica voluta da Mussolini che impedì uno sviluppo all'estero delle aziende. Fu di questo periodo il debutto della Fiat 508 Balilla, presentata nel 1932 e poi nel 1936 della favolosa Topolino. Nel 1937 fu la volta della Nuova Balilla 1100 e l'ultimo prodotto anteguerra, uscito nel 1938, fu l'ammiraglia Fiat 2800. Appena prima dello scoppio della guerra venne inaugurato anche il nuovo stabilimento di Mirafiori a Torino, dove ebbe inizio la turnazione del lavoro sull'arco delle 24 ore. Nel 1940, all’entrata in guerra dell’Italia, il gruppo FIAT aveva un ampio spettro di produzioni la maggior parte delle quali erano autoveicoli civili e militari, aeroplani, motori aereonautici, materiale ferroviario: i dipendenti alla fine del 1943 erano ben 77.000. La Seconda guerra mondiale portò a una drastica riduzione della produzione di autovetture, con una conversione delle linee alla costruzione di veicoli commerciali richiesti dalle esigenze belliche. Gli impianti subirono gravissimi danni a causa dei bombardamenti e furono pressoché fermati. L’8 settembre 1943 fu uno spartiacque della storia: l’Italia annunciò l’armistizio e la resa agli alleati e la fine dell’alleanza con la Germania, che reagì in modo rabbioso con delle tragiche ritorsioni. Sono poco note le contromisure industriali tedesche che l’Italia subì su ordine di Hitler, come il trasferimento delle macchine utensili e di altri impianti dai territori soggetti a offesa aerea “per il loro sfruttamento in altre aziende, anche nel Reich” e l’incarico di mettere al sicuro e di utilizzare per il comune armamento le produzioni importanti per la guerra nell’Italia settentrionale, come appunto la FIAT, alla quale fu intimato il trasferimento nelle gallerie della Gardesana occidentale. L’ordine arrivò a Vittorio Valletta, l’amministratore delegato della FIAT, l’11 giugno 1944 e la notizia si diffuse subito e la reazione operaia fu immediata e rabbiosa. Oltre al fatto di abbandonare Torino, la paura maggiore era che i macchinari avrebbero abbandonato anche l’Italia per la vicina, al lago di Garda, Germania. La Gardesana fu chiusa il 1° luglio 1944 mentre l’Officina 17 di Mirafiori iniziò ad essere smantellata il 21 giugno e la Fiat fu sistemata nelle gallerie dal porto di Tremosine a Riva del Garda a partire dal luglio 44: i macchinari erano sistemati nella metà galleria a monte che era chiusa da dei portoni, mentre l’altra metà era riservata al passaggio dei mezzi, che erano continuamente controllati da posti di blocco. I sabotaggi erano all’ordine del giorno, tanto che il 30% dei macchinari arrivò danneggiato nelle gallerie. Col trasferimento degli impianti l’Officina 17 di Mirafiori assunse la nuova denominazione di Officina X e non è dato sapere se la X stesse a significare “officina dieci” oppure “officina incognita”, come ribadisce Giorgio Danilo Cocconcelli uno dei maggiori studiosi della vicenda. Gli operai giunsero a Riva sul Garda a scaglioni: 500 operai torinesi, i lavoratori delle Officine Meccaniche bresciane, lavoratori della zona tra Campione e Limone e alcune centinaia di trentini per un totale di circa 1.700 uomini che producevano motori aeronautici Junkers Jumo 213. Alcuni provenivano direttamente dalla lotta partigiana nelle valli piemontesi e, per sfuggire ai rastrellamenti, erano riparati a Riva, dove, attraverso i canali più strani, erano stati assunti nelle officine Fiat come locali. Ci furono legami tra gli operai Fiat ed i partigiani rivani (che subirono una micidiale decimazione con le sommarie esecuzioni del 28 giugno 1944), tanto che nei giorni dell’insurrezione dell’aprile 1945 il battaglione Fiat partecipò attivamente alla liberazione di Riva e alcuni morirono nei conflitti a fuoco con i tedeschi. Da parte sua Valletta fece una specie di doppio gioco: da una parte non disobbediva agli ordini tedeschi, ma rallentava e creava ritardi e disguidi, e dall’altra aveva dato ordini a maestranze interne e ad un colonnello dell’aviazione italiana di far saltare l’ultima galleria, la Panda a Riva del Garda, nell’eventualità che i tedeschi avessero deciso di trasportare le macchine in Germania, cosa che per fortuna non avvenne. Dalle macerie del dopoguerra tra le prime automobili ad uscire dagli stabilimenti FIAT di Mirafiori ci fu la prima station wagon italiana prodotta in serie, la 500 B "Giardiniera" che annunciava i favolosi anni ’50. (Tratto da “Fermoimmagine. La Gardesana occidentale da 22 a 2 ruote” edito dal Mag su idea dell’associazione Araba fenice).













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