PalaTrento, che figuraccia con Ngapeth



Non ci sono serviti suggerimenti dalla signora Catia Pedrini – al solito eccessiva e un po’ vittimistica – per capire che il pubblico di PalaTrento aveva superato i limiti della sportività con l’accoglienza riservata a Earvin Ngapeth. Facciamo fatica ad immaginare che il presidente di Trentino Volley possa essersi lasciato andare ad apprezzamenti volgari come quelli ipotizzati dalla sua bionda collega: per quello che lo conosciamo, Diego Mosna è troppo civile – ma anche troppo furbo – per dare del «negro di merda» a chicchessia. Al PalaTrento non abbiamo peraltro sentito nessuno, ma proprio nessuno, apostrofare in quella maniera lo spauracchio emiliano. Ma, assieme ai fischi, qualche odioso «buuuuuuu» è volato.

E poi c’è la vergogna dello striscione – «Risparmiate sul video check per l’avvocato di Ngapeth?» – con il quale il pubblico della Diatec ha finito per strumentalizzare vicende delicate come quelle che hanno visto coinvolto negli scorsi mesi il giocatore francese. Sinceramente, non credo che nemmeno la società gialloblù ne sentisse la necessità. Intendiamoci, Earvin non è un santo e non ha certo bisogno di avvocati trentini. Quello che c’interessa non è certo il suo destino giudiziario, quanto piuttosto l’inspiegabile deriva della quale rischia di essere protagonista quello che per un decennio è stato premiato come il tifo più bello e corretto della pallavolo italiano, appunto quello della curva Gislimberti. Forse conscio della propria “debolezza” – l’incapacità di riempire il PalaTrento anche in occasione di quella che rischia di essere l’ultima partita casalinga della stagione e quella di sovrastare anche a livello sonoro le poche centinaia di supporters dei “gialli” – il pubblico di Trento ha finito per fare la parte di quello di Modena, notoriamente insultante, più adatto ad uno stadio di calcio che a un palasport della pallavolo. Speriamo che – magari dopo un intervento dello stesso Diego Mosna – il brutto spettacolo non abbia a ripetersi.













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