Centinaia di alberghi in profondo rosso

Crescono le presenze turistiche, ma i costi sono alle stelle: a rischio soprattutto le piccole strutture a conduzione familiare


di Roberto Colletti


TRENTO. “Ce la farò a passare l’inverno?” Magari non a voce alta, ma sono molti gli albergatori che si fanno questa domanda. I comunicati ottimistici su arrivi e presenze non li consolano, hanno altro cui pensare. La maggior parte dei bilanci dei 1500 alberghi trentini sono risicati, sempre più numerosi sono quelli in rosso e per molti c’è il concreto rischio di chiusura. La colpa non è del tempo (un po’ di neve è già arrivata), né dei clienti (le previsioni sono incoraggianti). Sono, invece, i conti che non tornano e la colpa è del peso dei debiti. Stavolta non lo dicono solamente gli albergatori, esperti in lamentazioni, lo confermano anche i loro creditori, le banche, segnalando così un serio problema che sta per investire uno dei settori più importanti dell’economia trentina, il turismo.

«Se chiude una fabbrica di mille operai si mobilita, com’è giusto, l’intera Provincia. Ma se mille albergatori devono licenziare un dipendente a testa, nessuno si preoccupa» dice Luca Libardi, presidente dell’Asat. Non è polemica, è una constatazione. «Negli anni scorsi le nostre imprese hanno investito molto e ora, con la recessione, faticano a pagare i mutui» spiega il direttore dell’Associazione, Roberto Pallanch «le aziende non hanno più margini».

E’ il pesante effetto di questa crisi prolungata nel tempo. Negli anni precedenti il drammatico 2008 gli albergatori hanno fatto investimenti per adeguare le strutture agli standard richiesti dal mercato e da allora i flussi turistici hanno tenuto bene. Non così i prezzi, mentre i costi sono cresciuti in misura esponenziale. «I nostri guadagni si sono azzerati due anni fa» segnala Natale Rigotti, per una decina d’anni alla guida dell’Asat «siamo massacrati dalle imposte e dalle tasse. In molti casi l’Imu è schizzata in su del 150% per non parlare di quanto pesano l’energia elettrica, il gasolio, lo smaltimento dei rifiuti. Sopportiamo un carico fiscale il 20% superiore a quello dei nostri concorrenti del Tirolo».

Se i ricavi tengono, dunque, i costi sono fuori controllo. Nessuno vuol fare cifre, ma dalla preoccupazione che si percepisce, gli alberghi a rischio sarebbero nell’ordine non delle decine, bensì delle centinaia. Non tutti sull’orlo del fallimento, ma del profondo rosso sì, tenuti in vita solo dalla volontà di non mollare del proprietario, nel 70% dei casi un nucleo familiare. Una fotografia preoccupante, confermata dalle Casse Rurali che erogano pressocché la totalità del credito alberghiero e sono coinvolte fino al collo nelle difficoltà di quel mondo.

«Da qualche anno raccogliamo i dati del settore che, se rappresenta il 15% del pil provinciale, altrettanto pesa sul credito cooperativo. Oggi abbiamo una radiografia attendibile del suo stato di salute fatto su 440 imprese, un campione significativo e affidabile» spiega Mario Sartori, direttore di Cassa Centrale. «Inoltre, abbiamo elaborato criteri d’analisi per i bilanci alberghieri, utili non solo alla banca, ma anche all’impresa per una valutazione comune sulla strada migliore per superare le difficoltà».

L’analisi è chiara, le difficoltà distribuite a macchia di leopardo: se, grazie alle presenze, i ricavi aziendali medi sono costantemente cresciuti dai 691 mila euro del 2009 ai 733 del 2011, i costi sono lievitati ancor di più. E molti investimenti, per esempio la sauna o il centro benessere, pur indispensabili per adeguare la qualità dell’offerta, non si trasformano in un aumento proporzionale del reddito. Con margini così ridotti, il costo del debito diventa gravoso. La task force di Cassa Centrale - Sartori assieme al vice Giorgio Bagozzi e ad Alessandro Antoniolli - si è confrontata con gli albergatori di ognuna delle aree turistiche, fornendo e ricevendo informazioni, e condividendo il preoccupante quadro d'insieme. Nessuno fa cifre, ma le stime che circolano dicono di un 15% di alberghi a rischio di chiusura e un altro 20% con i bilanci sull’orlo del rosso, con prospettive di mercato, confermano gli imprenditori, che non accennano a cambiare. «Uno scenario che esige grande attenzione ed una via d'uscita», commenta Sartori. «Non credo che sia compito delle banche sollecitare iniziative politiche, ma la situazione, se non drammatica, è certamente seria». Iniziative, invece, che l’Asat ha già sollecitato nel recente passato e si prepara a sottoporre alla nuova giunta provinciale. «Chiediamo un confronto urgente, con attenzione particolare sul nodo del credito», conferma Pallanch. Destinatario della richiesta è inevitabilmente Michele Dallapiccola, neo assessore al turismo: la sua prima patata bollente.

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