sanità

Ticket al pronto soccorso, basta esenzioni

Provincia e azienda rivedono le norme con due obiettivi: recuperare un milione di euro e ridurre gli accessi ingiustificati


di Andrea Selva


TRENTO. C’è il malato cronico di diabete che si presenta al pronto soccorso con un unghia incarnita e non paga (perché esente dal ticket) anche se viene classificato come codice bianco. C’è l’iperteso che avrebbe diritto all’elettrocardiogramma gratuito, ma quando si presenta al pronto soccorso per qualche problema minore gli fanno gratuitamente (se serve) anche la tac.

E poi ci sono i bambini: tutti gratis sotto i 14 anni, tanto che molti accessi di giovanissimi pazienti al pronto soccorso vengono considerati dagli addetti ai lavori un “abuso” dei servizi sanitari. Oppure le donne in gravidanza: anche per loro niente ticket al pronto soccorso, qualunque sia il problema di salute. Sono queste le situazioni che la giunta provinciale (in accordo con l’azienda sanitaria) si prepara a regolamentare in modo diverso con un triplo obiettivo: ottenere una maggiore equità tra cittadini; ridurre i troppi accessi ingiustificati ai reparti di pronto soccorso del Trentino e (terzo) far incassare all’azienda sanitaria un milione di euro grazie alle nuove regole sui ticket dell’emergenza (come abbiamo scritto sul Trentino di ieri).

A sentire il primario del Santa Chiara, Claudio Ramponi, la grande maggioranza degli accessi ingiustificati (da parte di pazienti che invece che all’ospedale dovrebbero rivolgersi al medico di base) va attribuita a persone che non pagano il ticket grazie alle esenzioni previste dalle norme attuali. E’ giusto che un malato di diabete non paghi il ticket per una prestazione che non ha nulla a che vedere con la propria malattia? In provincia (e in azienda sanitaria) sono convinti di no. Senza contare che i dati dell’assessorato provinciale alla salute confermano che i pazienti trentini si rivolgono al pronto soccorso anche nei giorni feriali, quando sarebbe aperto l’ambulatorio del medico di base.

La giunta provinciale ha già quantificato l’incasso previsto per il 2016 (un milione di euro) e ci sarà bisogno di lavorare soprattutto sugli ospedali di periferia (ma anche a Rovereto) dove basta guardare i dati per vedere che gli accessi in codice bianco (e quindi soggetti al pagamento del ticket) sono molti meno rispetto a Trento. La spiegazione? All’azienda sanitaria sono convinti che si tratti di un problema di comunità: non è facile - in una realtà ristretta, dove tutti si conoscono - classificare come codice bianco (facendogli pagare il ticket) una persona che si presenta all’ospedale chiedendo aiuto.

A Cavalese - tanto per citare l’ospedale più di manica larga - i codici bianchi sono appena il 6 per cento, cioè cinque volte meno rispetto all’ospedale Santa Chiara di Trento (30 per cento circa). Per questo il manuale di triage adottato a Trento (con le regole per classificare i pazienti in arrivo) verrà adottato anche negli altri ospedali del Trentino. E i vertici della sanità trentina sono convinti che i numeri dall’anno prossimo cambieranno: con beneficio per le casse pubbliche e soprattutto con un utilizzo migliore delle risorse sanitarie sul territorio.

A questo tema sta lavorando una commissione di funzionari dell’azienda sanitaria e dell’assessorato alla salute per decidere come (e su quali pazienti)intervenire esattamente. Poi il piano passerà in giunta provinciale. Ma la linea è stabilita: basta con le esenzioni ingiustificate.













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