Stefano, dal Trentino al Sudafrica con puntatina in Brasile

La storia di Lepore: da agente di commercio a immobiliarista e ora fa import -export. «Tornare? Per ora non ci penso proprio»


di Paolo Piffer


TRENTO. Dal Trentino al Sudafrica via Brasile. Stefano Lepore, 38 anni, roveretano, ne fa fatti di chilometri per arrivare a Cape Town dove, da un paio d’anni, importa macchinari e tecnologie mediche made in Italy. Facendo la spesa in Italia e rivendendo a nosocomi pubblici e cliniche private non solo nel Paese dei bafana bafana ma in tutta l’Africa sub-equatoriale. Si tratti di trattamenti per i rifiuti ospedalieri come di impianti di sanificazione delle sale operatorie o strumenti che polverizzano gli aghi usati delle siringhe.

«In Italia - attacca Lepore, diplomato al liceo scientifico e qualche esame all’università, mai finita - facevo l’agente di commercio e avevo una società di rappresentanza per la vendita di articoli da regalo e giocattoli. Lavoravo in tutto il Triveneto ma non ero soddisfatto, anche se le cose, dal punto di vista economico, andavano più che bene. Cercavo qualcosa di diverso e allora ho ceduto l’attività a mio fratello e mi sono messo di buzzo buono per trovarmi un altro lavoro, che mi desse anche nuove emozioni e una qualità di vita migliore». Ed è finito in Brasile. «C’ero già stato in vacanza - prosegue - e mi era piaciuto. E così ho intrapreso un’attività immobiliare nel nord est, a Natal, capitale del Rio Grande. Prima realizzando un residence e poi comprando e vendendo appartamenti e terreni. Tenga presente una cosa, in Brasile quelli erano anni, la metà dei 2000, segnati da un grande boom immobiliare. Queste cose si potevano fare e avevo una certa esperienza negli affari. Quindi…»

Ma poi se n’è andato. «Dopo sei anni di Brasile - continua Lepore - il boom è finito ma poi ci sono stati anche altri fattori che mi hanno fatto dire basta. Al di là del fatto che avevo iniziato ad andare in vacanza in Sudafrica».

Quali? «Era sempre più difficile fare affari con i brasiliani, la loro mentalità, ancor più nel business è troppo diversa dalla nostra - sottolinea l’imprenditore - Non le dico, poi, il livello di corruzione dei politici, da non credere». Beh, se è per questo, neanche il Sudafrica deve essere un Paese tanto facile. «Se parliamo della quota di pericolosità delle grandi città - afferma - è vero. Però Cape Town è una mosca bianca, sempre che non ci si vada ad infilare in determinati quartieri particolarmente degradati. Detta tutta mi sono subito innamorato di questa città, ordinata, cosmopolita, molto europea, ricca di appuntamenti culturali, con una natura meravigliosa. In un ora sei in mezzo alla foresta tra leoni e zebre. In poco sei sull’oceano. Bellissimo». E lì ha visto subito buone opportunità. «Certo. Ma, all’inizio, l’idea era un'altra. Volevo istituire un’accademia di arti marziali e discipline orientali, compresi dei corsi di autodifesa per le donne. Ho sempre praticato boxe e sport orientali ed era quindi una cosa nelle mie corde. Però non sono riuscito a portare in porto quest’impresa». E ha cambiato obiettivo. «Ho conosciuto un ex imprenditore italiano che viveva qui da tempo, ci siamo messi in società e abbiamo deciso quest’attività di importazione e rivendita di macchinari e tecnologie sanitarie. Tra l’altro, specialmente di alcune di queste c’è un gran bisogno, sia perché sono ambientalmente vantaggiose ma anche per via della piaga dell’aids, purtroppo qui particolarmente diffusa, e della necessità perciò di avere tecnologie all’avanguardia in quanto a sterilizzazione e sanificazione. Mi sa proprio che abbiamo fatto bingo. Anche tra pochi giorni incontro alcuni rappresentanti governativi per parlare di affari».

In Trentino ritorna? «Una volta all’anno sempre, c’è la mia famiglia. Ma qui mi trovo molto bene sia come qualità della vita che come lavoro, oltreché economicamente. Si può vivere anche con pochi soldi, cosa che in Italia se la sognano. Il mio futuro lo vedo qui. Poi, certo, mai dire mai».

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