Autonomia

«Statuto, tempi più corti o sarà un flop»

Boato: «Trento e Bolzano si diano una strategia politica unitaria. Difficile che la riforma passi nel prossimo parlamento»


di Chiara Bert


TRENTO. «L’autoriforma dell’autonomia è una sfida che va affrontata, ma con tempi più stretti e senza la pretesa di voler riscrivere lo Statuto da cima a fondo». Marco Boato, ex parlamentare e già membro del gruppo dei «saggi» nominato da Rossi e Kompatscher per la revisione dello Statuto, non nasconde le preoccupazioni sull’esito del processo che Trento e Bolzano stanno avviando con modi e tempi diversi: «Senza una strategia politica unitaria non si va da nessuna parte».

Boato, le due Province hanno deciso di giocare la carta della riforma in modo separato: Bolzano con una Convenzione (che si insedierà sabato 16 gennaio), Trento con una Consulta il cui disegno di legge andrà in aula a fine mese. Un errore?

Mi auguro che sia recuperabile, ma non aver progettato un lavoro condiviso a livello regionale resta un errore. Del resto basta guardare a quanto accaduto fin qui. A fine 2014 i presidenti Rossi e Kompatscher nominarono due gruppi di lavoro, uno per Trento e uno per Bolzano, che poi si unificarono in un gruppo regionale che ha prodotto un progetto ampio di revisione della prima parte dello statuto (competenze e ruolo della Regione). È sconcertante è che mentre l’avvio dei lavori era stato dato congiuntamente dai due governatori, la conclusione non c’è mai stata. Non ci hanno nemmeno detto grazie.

Segnale premonitore?

Purtroppo un brutto segnale. I tempi si sono rallentati. Il progetto iniziale del senatore Francesco Palermo prevedeva una convenzione regionale, l’opposizione della Svp l’ha bloccata. Ma lo Statuto, come riformato nel 2001, dice che non si può presentare al parlamento una proposta di revisione diversificata tra Trento e Bolzano. Il raccordo regionale è un passaggio indispensabile.

Perché non si è riusciti ad avviare un percorso comune?

A inizio 2015 sembrava che Rossi volesse incaricare il gruppo dei saggi di proseguire il lavoro, poi tutto si è fermato e si è deciso di dare vita a una Consulta. Il ritardo di Trento rispetto a Bolzano mi sembra anche un segnale di subalternità. Ma ci sono anche altri aspetti della Consulta che andrebbero rivisti.

Quali?

Ci sono tempi troppo lunghi. Bolzano ha previsto 12 mesi più eventuali altri 6. Trento, che ricordiamoci partirà dopo, ne prevede 12 più eventuali altri 12. Tutto resterà sfasato e questo è preoccupante rispetto all’esito del processo: ricordiamoci che tutto il lavoro dovrà poi passare per i due consigli provinciali e dal consiglio regionale. Sarebbe meglio poi che il numero dei componenti dei due organismi fosse lo stesso (la Convenzione ne ha 33, la Consulta ne prevede 25, ndr) e con un maggior peso dei giuristi nella Consulta: sono solo 2, contro i 5 di Bolzano, e senza diritto di voto.

Vedremo mai la riforma approvata?

Il quadro è complesso sia sul piano politico che su quello istituzionale. Oggi l’obbligo di «intesa» tra le autonomie e lo Stato non c’è, la norma entrerà in vigore solo se la riforma costituzionale sarà approvata definitivamente con il referendum. Si arriverà a ridosso della fine della legislatura parlamentare e se nell’attuale parlamento i senatori del Trentino Alto Adige hanno un certo peso al Senato dove la maggioranza è fragile, nel prossimo parlamento eletto con l’Italicum questo peso sparirà. Una riforma ambiziosa avrebbe difficoltà enormi a passare.

Il senatore Palermo ha fatto un appello alla partecipazione dei cittadini. Condivide?

Ho grande stima di Palermo ma non vedo migliaia di cittadini ansiosi di partecipare a questo processo. E se si alzano molto le aspettative e il risultato alla fine è modesto, c’è il rischio boomerang. Serve una forte strategia politica unitaria. Una convenzione regionale avrebbe per esempio ridotto i problemi di Kompatscher con l’ala nazionalista tedesca.

Una strategia con quali obiettivi?

Occorre selezionarne alcuni, l’ambizione di riscrivere tutto lo Statuto è pericolosissima. La questione delle competenze è decisiva per l’autogoverno, sarebbe importante - nonostante una riforma costituzionale di segno centralista - trasformare le competenze secondarie delle Province in competenze primarie.

Il ruolo della Regione è da sempre uno scoglio fra Trento e Bolzano...

È vero. Ma dev’essere un altro degli obiettivi: fare della Regione un terreno di raccordo sulle materie di interesse comune tra le due Province.

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