Robol: «Mi dimetto se vanno via tutti insieme a me»

Le condizioni della segretaria del Pd per le sue dimissioni E intanto cresce lo spettro del commissariamento


di Chiara Bert


TRENTO. Pronta a dimettersi, ma solo se saranno azzerati tutti gli organi dirigenti del Pd, segreteria, coordinamento, presidenza. Dopo cinque giorni dallo scoppio del terremoto innescato dalla sua autocandidatura a sindaco di Rovereto, Giulia Robol ieri ha rotto il silenzio sofferto di questi giorni e ha "dettato" le sue condizioni per dire sì a quel passo indietro che lunedi sera l'assemblea del partito le ha chiesto all'unanimità. Sconfitta la febbre, Ieri pomeriggio la segretaria è tornata nella sede del Pd e ha incontrato il gruppo che fa riferimento alla sua mozione. E a loro ha recapitato il messaggio: "Non posso essere la sola a rispondere di un fallimento. Chiedo che mi venga restituita la dignità politica". Per Robol questo significa che assieme a lei dovranno lasciare anche tutti i vertici del partito: non solo il suo primo alleato nella segreteria, Vanni Scalfi, che si è già dimesso da responsabile degli enti locali, ma l'intera segreteria, il coordinamento e la presidente Lucia Fronza Crepaz (eletta nella lista di Scalfi, a cui l'assemblea ha affidato il ruolo di reggenza in vista di una soluzione collegiale). Reset totale, dunque, insieme ad un accordo che chiarisca tempi e regole del prossimo congresso.

In attesa quindi delle dimissioni formali di Giulia Robol, se arriveranno, sul Pd trentino, però dopo l’assemblea che lunedì ha chiesto all’unanimità alla segretaria di fare un passo indietro, ora aleggia anche lo spettro del commissariamento da Roma. Un’opzione che nessuno vuole realmente considerare, perché decreterebbe la sconfitta finale della classe dirigente trentina a tre mesi dalle elezioni comunali, ma uno scenario che si materializzerebbe se l’assemblea di lunedì prossimo fosse costretta a sfiduciare la segretaria e, in assenza di un accordo tra le parti, il Pd ne uscisse con i vertici decapitati.

Ieri è stata un’altra giornata di riunioni e contatti telefonici. Andando per sottrazione, ciò che è già stato escluso è di poter eleggere un nuovo segretario con un mandato pieno: una soluzione politica, che preso atto della sconfitta ammessa dalla stessa maggioranza (roboliani e scalfiani), riparta dal risultato delle primarie dello scorso anno. «Elisa Filippi non è in campo per ogni soluzione, ma solo per un progetto di lungo termine», spiega Piergiorgio Sester, uno degli emissari che lavorano ad un’intesa. «Se passa una soluzione più tecnica che traghetti il partito con un orizzonte breve, allora si trovino tre figure che traghettino il partito fino al congresso, meglio se prima dell’estate. «Noi non poniamo veti». Individuare un’unica figura che possa mettere d’accordo tutti è quasi impossibile. Ad oggi l’ipotesi più probabile resta quella di una gestione collegiale affidata a tre persone, riferimento ciascuna di una delle tre mozioni che si presentarono meno di un anno fa al congresso. «Servono figure il più unificanti possibili», ripetono in molti. I criteri individuati per selezionare il «direttorio» o «triumvirato» al momento risultano questi: niente candidati alle prossime comunal, niente figure che abbiano avuto ruoli nell’ultima gestione (Gigi Olivieri, per esempio, molto attivo in queste ore), niente consiglieri provinciali. Maggioritaria l’area di chi ritiene che i traghettatori non potranno poi candidarsi al congresso, regola questa contestata invece dalla mozione Filippi.

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