Quando la fotografia si impose nel mondo, una mostra a Bolzano

«Montagne & Tempi moderni»: immagini d'epoca dagli archivi di Wolff&Tritschler, la prima agenzia di foto tedesca
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Barbara Gambino


BOLZANO. La prima agenzia fotografica tedesca nacque a Francoforte nel 1927. A fondarla Paul Wolff e Alfred Tritschler, titolari di una delle ditte più innovative dell'epoca. Alla fine degli anni Trenta l'agenzia Wolff&Tritschler contava una ventina di collaboratori e clienti e mostre fotografiche in tutta Europa.

La Galleria Foto-Forum di Bolzano (piazzetta Maria Delago 6, ingresso libero) propone fino al 21 maggio una mostra dedicata a una serie di fotografie custodite negli immensi archivi di Wolff&Tritschler. Una selezione di immagini che abbraccia quattro decenni, dal 1927 al 1960, intitolata «Montagne & Tempi moderni», testimonianze che sanno raccontare molto delle atmosfere di quei decenni.

«Non è un caso - afferma Christoph von Hartungen, curatore del contesto storico del progetto espositivo - che l'attività di Wolff&Tritschler nasca nella Germania degli anni Venti, in un periodo di piena ripresa economica dopo il primo conflitto mondiale: la fotografia, che aveva conosciuto un boom durante la Grande Guerra, continua inarrestabile la sua diffusione grazie ai progressi tecnologici. Nella produzione delle lenti e del materiale ottico e fotografico la Germania era all'avanguardia in Europa. Basti pensare alle eccellenze della Zeiss, della Leitz e della Agfa, tutti marchi nati alla fine dell'800».

Che ruolo aveva la fotografia nella società alla fine degli anni Venti?
La foto non era più una preziosa variante del ritratto, destinata a testimoniare occasioni particolari o accessibile solo a un pubblico ristretto. Il mezzo fotografico inizia a essere sempre più utilizzato, si fa prepotentemente largo sui giornali. Questo fenomeno si deve al grande sviluppo tecnologico che portò alla creazione di strumenti sempre più funzionali. Il grande successo dell'attività di Wolff&Tritschler è dovuto indubbiamente al sodalizio con la Leica, che rivoluzionò il mondo della fotografia.

In che modo?
Fino ad allora le macchine fotografiche lavoravano con pellicole di formato molto grande. L'introduzione del formato 35 mm rese possibile la realizzazione di uno strumento di dimensioni molto compatte: una macchina fotografica «tascabile», grande poco più di una spanna, che ampliò incredibilmente gli orizzonti e le potenzialità di questo mezzo espressivo.

Di cosa ci parlano le foto in mostra?
Quelle esposte sono fotografie che ruotano prevalentemente attorno a due soggetti: le innovazioni tecniche, le meraviglie del progresso per intenderci, e i reportage di viaggi con una grande prevalenza di paesaggi naturali.

Come possiamo spiegare la prevalenza di questi soggetti?
Sono immagini emblematiche di una società in bilico tra celebrazione del progresso e nostalgia di una vita più semplice. Troviamo fotografie che esaltano le grandi novità in campo tecnologico, come le foto della partenza di uno Zeppelin, scorci del suo motore o primi piani della carrozzeria di un'auto all'ultima moda. Foto in cui il bianco e nero esalta la plasticità e la forma del soggetto. Ad esse si affiancano reportage dedicati alla natura, al rapporto idilliaco tra l'uomo e il paesaggio.

Un mezzo espressivo che sarà ben presto usato per fini propagandistici...
Certamente. Assieme al cinema, la fotografia apriva enormi opportunità alla propaganda da parte dei partiti e regimi totalitari. Il primo esempio in questo senso di «campagna ideologica di massa» fu quello sovietico, superato per mezzi e accuratezza da quella fascista e, naturalmente, dalla nazista.

È in questo periodo che si sviluppa anche la fotografia di guerra, il reportage giornalistico sul campo?
La fotografia di guerra nasce durante la Guerra di Spagna, tra il 1936 e 1939. Durante il primo conflitto mondiale però non era raro che alcuni ufficiali avessero una macchina fotografica in dotazione. E nel corso del secondo conflitto mondiale, l'esercito di Hitler avrà al seguito delle «troupe» dedicate alla comunicazione: si chiamavano Propagandakompanien (Pk) ed erano composte da fotografi, giornalisti e cineoperatori per la produzione di reportage di regime.

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