Sanità

Punti nascita periferici, Cgil Trentino: «Il tema non sono le risorse, ma la qualità del servizio»

Un numero sempre crescente di donne sceglie di non partorire nell'ospedale sotto casa, ma di spostarsi a Trento e Rovereto. Sindacati: «Non vanificare le risorse nelle valli a causa degli accessi limitati»



 TRENTO. Quasi la metà delle partorienti residenti nei comuni delle Valli di Fiemme e Fassa e delle Valli di Non e Sole si rivolge a strutture diverse da quelle della zona, per scelta o per indicazione clinica. Il ragionamento sui punti nascita periferici, non può essere esclusivamente economico «tuttavia è anche da qui che occorre partire per una necessaria verifica dell'attuale modello in termini di qualità e sicurezza del servizio e numero delle prestazioni rese. Il tema non sono le risorse, ma la sicurezza delle partorienti e dei neonati» sostiene in una nota Andrea Grosselli, segretario generale della Cgil del Trentino, con Luigi Diaspro, segretario di Fp.

«Nelle valli come nei centri maggiori le donne devono poter contare su un'assistenza sanitaria ai massimi livelli. Oggi sotto i 500 parti l'anno esiste un problema di sicurezza perché gli standard di sicurezza sono inferiori a quelli di un ospedale che raggiunge questa soglia». Lo sostiene in una nota Andrea Grosselli, segretario generale della Cgil del Trentino, con Luigi Diaspro, segretario di Fp.

«L'assistenza sanitaria nella valli - proseguono Diaspro e Grosselli - ha un costo naturalmente elevato e quelle risorse non si mettono in discussione perché l'accesso alla cura va garantito in ogni angolo del nostro territorio e perché la medicina territoriale è un punto centrale della strategia sanitaria pubblica di prevenzione e cura sul quale insistiamo da tempo. Tanto che con le risorse del Pnrr dovranno essere aperte sul nostro territorio altri due ospedali di comunità».

La questione sui punti nascita però, è diversa: «già oggi un numero sempre crescente di donne sceglie di non partorire nell'ospedale sotto casa, ma di spostarsi a Trento e Rovereto. A Cles e Cavalese si fa fatica a garantire anche la presenza delle figure mediche necessarie, i bandi vanno deserti e la copertura sanitaria è assicurata solo attraverso medici gettonisti. Così non si fa il bene delle cittadine».

 L'Alto Adige, la cui orografia è per molti versi simile a quella trentina, ha fatto, già negli anni scorsi un ragionamento di razionalizzazione dei punti nascita. Per questo- sostengono i segretari- si rende necessaria «una riflessione non condizionata dal mero consenso, fondata su dati obiettivi e di letteratura, affinché le risorse (notevoli) con cui si stanno gestendo i punti nascita nelle valli non siano vanificate dal numero limitato di accesso al servizio». 













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