Primarie, paura del flop: obiettivo 15 mila votanti

Rossi: «Non c’è la tensione giusta, sottovalutata l’importanza di questo voto» E Pinter striglia il Pd: «Più grinta. Ma il risultato sarà valido in ogni caso»


di Chiara Bert


TRENTO. Manca una settimana esatta alle primarie che decideranno il candidato del centrosinistra autonomista alla presidenza della Provincia. A meno 7 giorni dal voto il vero timore di queste primarie riguarda la partecipazione. Vuoi per la data, nel pieno dell’estate quando molti trentini sono in vacanza, vuoi perché la sfida - con protagonisti tre assessori provinciali, Olivi, Rossi e Gilmozzi - si è fin qui rivelata tutt’altro che appassionante, vuoi infine per una certa disaffezione anche del popolo del Pd allo strumento primarie, la paura è che sabato 13 luglio l’affluenza resti al di sotto di una soglia «psicologica», indicata in 15 mila elettori, e che in questo modo possa essere compromessa la stessa credibilità delle primarie. Con la possibilità che - tra coloro che hanno cercato fino all’ultimo di evitarle (vedi Upt) - ci sia la tentazione di non riconoscerne il risultato, perché non sufficientemente rappresentativo, e tornare alla carica con possibili candidati unitari condivisi dalla coalizione.

Il timore serpeggia soprattutto in casa Pd, il primo partito della coalizione il cui candidato, l’assessore all’industria Alessandro Olivi, parte sulla carta in vantaggio. Ma anche il candidato del Patt, l’assessore alla salute Ugo Rossi, parla di un certo disimpegno da parte degli alleati.

Resta irraggiungibile la partecipazione alle primarie che incoronarono Romano Prodi candidato premier dell’Unione, quando andarono ai seggi 32 mila trentini. Il termine di raffronto più significativo - spiega il presidente del Pd trentino Roberto Pinter - restano le ultime primarie nazionali del centrosinistra, la sfida Renzi-Bersani dove votarono circa 20 mila elettori, gli stessi che parteciparono - nel 2009 - alle primarie Pd per il segretario provinciale (vinte da Michele Nicoletti) dove però c’era anche il traino del nazionale (vinse Bersani). Negli ambienti del centrosinistra autonomista si calcola che la data infelice possa sottrarre circa un terzo dei partecipanti. Il 13 luglio potrebbe però aggiungersi una quota di elettori - in particolare quelli del Patt - che con ogni probabilità non hanno preso parte alle varie precedenti primarie nazionali del centrosinistra. E si arriverebbe così alla stima dei 15 mila potenziali votanti. Ugo Rossi, candidato del partito che più di tutti ha voluto le primarie, lo dice chiaramente: «Non sento una tensione forte di tutti a propagandare questo evento, come invece sta facendo il Patt. Al di là del sostegno alla mia persona, il partito sta preparando cartelli neutri per pubblicizzare i seggi. A me piace pensare che le primarie siano il modo per far scegliere una persona, al di là dei partiti. Ma non c’è la consapevolezza dell’importanza di questo passaggio, che secondo noi deciderà il futuro presidente della Provincia». Teme che in caso di bassa affluenza ci sia il rischio che qualcuno tentato di non riconoscere il risultato delle primarie? «Se arrivasse da qualcuno che partecipa alle primarie, noterei una contraddizione di fondo. Abbiamo firmato una carta d’intenti e per quanto ci riguarda noi siamo gente di parola». Per Pinter «la coalizione si è data un metodo e nessuno può tornare indietro, anche se fossero in mille a votare». Ma sulla possibile scarsa partecipazione, il presidente dell’assemblea Pd ammette il problema e non fa sconti al suo partito: «Avverto una scarsa tensione, queste primarie - anche per come ci si è arrivati - vengono percepite come un rituale e c’è chi non si sta muovendo come ci si aspetterebbe. Mi viene da dire che non ce la stiamo giocando fino in fondo».

©RIPRODUZIONE RISERVATA













Scuola & Ricerca

In primo piano