Predazzo celebra Moro ma la figlia rifiuta l’invito

Maria Fida: dal Comune solo la richiesta di presenziare, non di prendere la parola «È assurdo, qui sono anche residente: sono davvero sbalordita e addolorata»


di Paolo Morando


SEGUE DALLA PRIMA PAGINA. Figlia del presidente della Dc sequestrato e ucciso dalle Brigate rosse nel 1978, Maria Fida Moro ha chiamato ieri il Trentino dopo aver letto il servizio pubblicato mercoledì scorso in questa pagina sulle manifestazioni in programma tra il 6 e l’11 agosto. Tutto bene, articolo impeccabile, lodevole l’iniziativa, ma... «Il Comune mi ha inviato una lettera d’invito a presenziare, senza però coinvolgermi in prima persona nell’organizzazione, senza chiedermi di prendere la parola - spiega - mi sembra un controsenso, visto che qui a Predazzo sono pure residente da anni con mio figlio Luca». Già, Luca, il «nipotino amatissimo» citato anche nelle strazianti lettere che lo statista scriveva dalla “prigione del popolo”: oggi musicista, «è l’unico nipote - spiega la madre - che mio padre ha potuto conoscere».

Proprio così: Maria Fida Moro è ufficialmente “censita” a Predazzo. E d’altra parte fu proprio lei a far innamorare il padre di Bellamonte, a trascinarvi l’intera famiglia dopo avervi messo piede per la prima volta nel dicembre del 1964, «spedita a Passo Rolle in occasione di un compleanno di amici la cui famiglia lavorava in Finanza». «È una situazione assurda - afferma - perché da anni in tutto il mondo viene chiesta la mia testimonianza sulla figura di mio padre. E sì che ne avrei di aneddoti da raccontare, su mio padre a Bellamonte e Predazzo: sono più anziana di chi ha ideato l’iniziativa. E invece... guardi, sono davvero sbalordita». Di qui la decisione, certo inattesa, ma che muove da una sensazione precisa: «Non parteciperò ad alcuna delle manifestazioni perché sono proprio addolorata, è proprio questa la parola giusta: sì, addolorata, lo dico senza voler aprire alcuna “guerra”, ci mancherebbe, e senza avanzare alcuna rivendicazione. Anzi: ci tengo a precisare che l’assessore Morandini è persona gentile e squisita. La mia non è una vendetta, lo ripeto: ma mi aspettavo un maggiore rispetto, quello che si deve a una persona che può portare il valore della propria storia personale».

Giornalista e scrittrice, Maria Fida Moro è autrice in particolare di un libro (“La nebulosa del caso Moro”) che fissa i numerosi punti ancora oscuri di quei 55 giorni dalla strage di via Fani al ritrovamento del cadavere di Moro in via Caetani: tanti misteri legati soprattutto a dove le Br tennero ostaggio l’allora presidente della Dc. Dietro a questa “piccola” vicenda predazzana non vede invece né misteri né complotti: «Ma no, sono certa che si tratti solo di superficialità, la buona fede degli organizzatori non è in discussione - conclude Maria Fida Moro - ma non lo è neppure il mio dolore».

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