«Posti letto, tagli necessari ma niente diktat da Roma»

Zumiani, presidente dell’Ordine dei medici: processo graduale, il modello sarà riorganizzato, urgenze a Trento e Rovereto. Medici di base più utilizzati


di Paolo Piffer


TRENTO. In nome del risparmio, quasi 500 posti letto in meno negli ospedali trentini. E’ quanto chiede il governo. Stoppato dall’assessore provinciale alla salute Ugo Rossi che ricorda le prerogative decisionali che spettano all’Autonomia ma, nello stesso tempo, che si andrà in quella direzione per quanto “in modo più graduale” e non nel numero avanzato da Roma. E Giuseppe Zumiani, presidente provinciale dell’Ordine dei medici, usa bastone e carota, nei confronti dell’uno come dell’altro. «Di qualsiasi tipo di riforma si parli - attacca - non va calata dall’alto. Se il numero dei posti letto tagliati fosse quello deciso in sede romana sarei seriamente preoccupato».

Premessa “sindacale”.

Non scherziamo. Una risposta la si deve dare. E riguarda il modello organizzativo territoriale.

Che vuol dire, nel concreto?

E’ ben vero che la nostra realtà sarà anche un po’ sovradimensionata rispetto ad altre realtà italiane. Però da noi c’è una forte dispersione territoriale. Comunque, si deve ragionare in un’ottica di futura riduzione dei posti letto. E’ una riflessione legittima se fatta coi tempi giusti.

Parlava di riforma del modello organizzativo territoriale.

Va sostenuta perché rappresenterà un momento culturale innovativo. Ma non si fa dalla sera alla mattina e, ancora di più, togliamoci dalla testa che cambiamenti di questo tipo si possano compiere a costo zero. Si potrà anche risparmiare ma le risorse si dovranno trovare lo stesso.

Cambiamenti che andranno in che direzione?

Ad esempio, come dice l’assessore Rossi, nella trasformazione in Rsa di alcuni ospedali periferici. Scordiamoci che possano essere nosocomi per i pazienti acuti.

Con le urgenze concentrate nel futuro Not?

Le urgenze vanno concentrate nei centri che sono in grado di occuparsene: Trento e Rovereto. Piuttosto, il territorio dovrà essere dotato di strutture capaci di rispondere 24 ore al giorno, non in termini di emergenza, con delle postazioni molto articolate.

Ma è “rivoluzione” al di là da venire, pare.

Già nella legge 16 (legge provinciale sulla tutela della salute, ndr) c’è l’ipotesi di un modello sperimentale 24 ore su 24. Ma è un’ipotesi per ora mai messa in campo. Sinceramente, io penso che siamo anche preparati a praticarlo ma senza che qualcuno, dall’alto, lo imponga. Si deve discuterne, in modo approfondito, senza diktat romani.

Quindi, quale il terreno di confronto dal quale partire?

Partirei da un modello “12 ore al giorno”, tutta la settimana, di copertura totale del territorio da parte del medico di medicina generale. Con la prospettiva di arrivare, sempre su tutta la provincia, all’h24. Il futuro sarà questo, implementato, ad esempio, dalla guardia medica, dal pediatra e magari anche dalla specialistica. Ma è un sistema che va sviluppato e sostenuto anche economicamente.

Con che conseguenze?

Quando questo nuovo modello sarà operativo è chiaro che andranno a ridursi i posti letto. In sintesi, non basta che i medici si associno ma che si crei una vera e propria rete.

Che futuro intravede?

Lo vedo come l’assessore Rossi. Abbiamo l’autonomia, anche economica. Siamo in grado di difenderci. Quindi, non avremo questa drastica riduzione dei posti letto. Ma, nello stesso tempo, non vuole dire che rimarremo così come siamo messi adesso. Come medici dobbiamo essere in sintonia con l’assessore condividendo l’opinione che, per ora, la situazione non può essere modificata più di tanto. Ma è necessario essere disponibili a modificare il modello attuale che è ormai insostenibile sia sul territorio ma anche per la sua natura “ospedalocentrica”.

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