Pd, tregua già finita Sulle Rsa Borgonovo e Civico contro Zeni
I due e Plotegher astenuti sulla mozione delle minoranze «Un segnale ogni tanto va dato, no a deleghe in bianco»
TRENTO. È durata meno di cinque mesi (vacanze estive incluse) la tregua dentro il Pd trentino. L’unità della Grosse Koalition che al congresso ha tenuto insieme l’80% del partito a sostegno di Italo Gilmozzi si è infranta ieri sulla riforma delle Rsa dell’assessore Luca Zeni. O meglio contro un progetto di riforma ancora in embrione.
Il segnale è arrivato dall’ala critica del partito, quella che una volta era la minoranza interna ma oggi è parte della maggioranza (Donata Borgonovo Re, Mattia Civico e Violetta Plotegher), che a sorpresa al momento di votare la mozione delle minoranze - che chiedeva di «sospendere ogni attuazione relativa all’annunciato accorpamento delle Apsp in favore di una rinegoziazione tempestiva e collegiale condivisa dai territori» - ha scelto l’astensione, dopo che il capogruppo Upt Gianpiero Passamani aveva preso posizione per il no a nome di tutta la maggioranza. Uno stop al proprio assessore, che a compattare la maggioranza (dove i segnali di dissenso nei giorni scorsi erano arrivati da Upt e Patt) aveva lavorato la sera prima, in un vertice conclusosi con un documento sottoscritto da tutti i capigruppo. Documento che evidentemente non è bastato. Sia l’ex assessora (sostituita un anno fa in giunta da Zeni), che è anche presidente del Pd, sia Civico all’incontro di lunedì sera non c’erano, per questo l’annuncio di Borgonovo in aula - dove ha chiesto che si votasse per punti separati la mozione delle minoranze, condividendone le richieste - ha spiazzato tutti, a cominciare dal capogruppo Alessio Manica. Le minoranze non si sono fatte sfuggire l’occasione. Il tentativo in extremis di Zeni, che in aula va a parlare con Borgonovo e Civico, va a vuoto. La mozione non passa, ma le tre astensioni spaccano il Pd e gettano nell’imbarazzo la maggioranza.
«Un segnale politico, certo», confermano a fine seduta Borgonovo e Plotegher, quando ormai la bomba è lanciata. «Non abbiamo voluto infierire e non abbiamo votato a favore, visto che i nostri voti sarebbero stati determinanti per far passare la mozione. Abbiamo voluto evitare ulteriori mal di pancia alla maggioranza oltre a quelli che già ci sono per tre astensioni».
Zeni lascia l’aula con il volto livido: «Non chiedete a me, chiedete al capogruppo e al segretario». Sulle scale va in scena uno scontro con Civico. Chi si ferma a spiegare la posizione dei «dissidenti» sono Borgonovo e Plotegher. «Se si crede al’ascolto, ci aspettiamo una proposta diversa rispetto al testo della Bocconi», incalza l’ex assessora, «il mito del budget unico è diventato una formula vuota». «Se abbiamo un briciolo di verità nell’anima non possiamo negare che è stata capovolta una logica che dovrebbe essere orientata alla domiciliarità, ai piani sociali di comunità e al confronto col territorio. Questo ci preoccupa», le fa eco Violetta Plotegher, «queste cose le ho dette a Zeni ma non le ha raccolte». Borgonovo insiste: «Un segnale ogni tanto va dato». Facciamo soffrire il nostro assessore? «È attraverso la sofferenza che a volte si razionalizzano buone intenzioni. Noi non diamo deleghe in bianco». E già che c’è attacca anche sul punto nascita di Arco: «Io non l’avrei chiuso, l’avrei semmai potenziato visto che c’è il Centro di procreazione assistita». Le minoranze possono cantare vittoria: la maggioranza ne esce con le ossa rotte. «Un atto di scorrettezza nei confronti dell’assessore Zeni, con l’aggravante da parte di chi non ha neppure partecipato all’incontro di maggioranza», è il commento severo del governatore Ugo Rossi, «un atto che si giudica da sè, al di là del merito su cui abbiamo detto per primi che ci sono spazi di discussione».