Pd, parte la sfida a tre per la guida del partito - VIDEO 1 - VIDEO 2

Scalfi: «Con me il vero cambiamento, non ho padrini ingombranti» Robol: «Non mi farò tirare per la giacca». Filippi: «La mia libertà è nei fatti»


di Chiara Bert


TRENTO. Chiunque dei tre sarà eletto segretario del partito, alle primarie di domenica 16 marzo, il cambiamento per il Pd Trentino sarà nei fatti. Già nell’età dei protagonisti, che non è poco: il più vecchio, Vanni Scalfi, insegnante di italiano e storia all’Istituto De Carneri e coordinatore cittadino del Pd a Trento, ha 45 anni. Giulia Robol, architetto e assessore comunale all’urbanistica a Rovereto, ne ha 42. La più giovane, Elisa Filippi, esperta di Smart cities, le “città intelligenti” di cui si è occupata per l’Anci, addirittura solo 32.

Ma i tre candidati promettono un cambiamento che non sarà solo generazionale. Nel forum organizzato nella redazione del Trentino li abbiamo incalzati sulla loro visione del partito, del Trentino, sui rapporti con gli alleati di governo, su temi ai quali la base democratica si è dimostrata molto sensibile, come i costi della politica. Dalle loro risposte sono emersi orientamenti comuni, sulle urgenze da affrontare a cominciare dal lavoro e sulla necessità di dar vita ad un partito che sappia decidere meglio di quanto ha fatto negli ultimi anni e che sia al contempo più aperto alla partecipazione. Ma Robol, Scalfi e Filippi hanno anche evidenziato approcci e sensibilità differenti, parlando per esempio dei loro “grandi elettori” nel partito, dei rapporti con gli alleati, piuttosto che della riforma istituzionale. E non si sono risparmiati qualche stilettata, a dimostrazione che quella del 16 marzo per la segreteria provinciale sarà una gara vera. Ad oggi con esito molto aperto.

Molti elettori cercheranno di capire quali sono le reali differenze tra voi. Qual è il vostro tratto distintivo? Quello per cui vi sentite diversi dai vostri due sfidanti?

SCALFI: Penso di essere il candidato che può creare le condizioni perché il Pd cambi di più. E questo per diversi motivi: perché sono libero, non ho altri incarichi, non ho ambizioni di candidatura e ho già annunciato che se verrò eletto non mi candiderò alle comunali e al parlamento, non ho presenze più o meno ingombranti dietro di me. Io voglio chiudere con quattro anni di morta gora (le acque putride e morte dantesche, ndr) nel Pd trentino, credo sia un’urgenza assoluta. E penso che non sia un caso che nessuno dei sei candidati alla segreteria nel 2008 e nel 2009 oggi mi sostenga.

Chi sono le “presenze ingombranti” che stanno dietro Robol e Filippi?

Beh, Pinter, Tonini, Nicoletti... Non dico che necessariamente siano presenze negative ma ingombranti lo sono sicuramente. Io non credo che Robol e Filippi si faranno condizionare, se qualcuno lo pensa ha sbagliato i calcoli, ma qualcuno che pensa di poter condizionare la linea c’è.

ROBOL: Padrini ingombranti? Lo trovo un “non argomento”. Il Pd è un partito composito, non può essere la presenza di una persona a condizionare. Mi sento tranquilla. Io mi sento tranquilla e la propria libertà ciascuno di noi la dimostrerà con le liste. Chi mi conosce, sa che non mi faccio tirare per la giacca.

Il vostro tratto distintivo?

ROBOL: Vorrei un Pd protagonista nell’agenda di governo, che sappia recuperare il rapporto con gli elettori sui temi e sui valori. E non faccio differenza tra chi fa politica e chi amministra. Non è una questione di incarichi: aver maturato un’esperienza nell’amministrazione, nel mio caso in Comune a Rovereto, lo considero un punto a mio vantaggio.

Lei Filippi, che dice dei suoi grandi elettori? Nel Pd ha un po’ stupito il suo accordo con l’ala di Nicoletti e Civico...

FILIPPI: Io mi sono candidata alla segreteria per parlare di futuro e non di passato. Ho parlato con tutti e non ho fatto accordi con nessuno, semmai c’è stato chi ha aderito a una proposta riformista e coraggiosa. Scalfi si definisce l’unico vero rinnovatore? Veramente qui chi ha avuto un ruolo nel partito sono lui e Giulia: lui è coordinatore cittadino, il rinnovamento poteva farlo lì. E Robol è membro dell’assemblea provinciale, la sua voce spesso non l’ho sentita in questi anni. La mia libertà è nei fatti.

Tutti e tre parlate di discontinuità. Cominciamo da quella nel partito. Che tipo di cambiamento avete in mente?

FILIPPI: Io vedo due urgenze. Serve un partito che sappia decidere, ma al tempo stesso aperto alla partecipazione. E io sono convinta che le decisioni più efficaci arrivano attraverso un processo di condivisione. Per questo mi sono impegnata a promuovere da subito delle campagne di ascolto, partendo da lavoro, scuola e Europa, in cui si consultano gli iscritti, aperte al contributo di tutti. L’esito di questo percorso passerà dagli organi di partito e quella diventerà la linea, per tutti.

ROBOL: I forum di ascolto vanno benissimo, perché è vero che la partecipazione si è abbastanza azzerata, ma i temi importanti vanno trattati con competenza. Le proposte le dobbiamo fare noi, non chiederle alla base. Il Jobs act lo ha fatto Renzi, non l’ha chiesto agli iscritti. Io vedo un presidente della Provincia molto attivo e un Pd piuttosto silenzioso. La situazione di immobilismo dell’assemblea provinciale, in questi anni, mi è pesata. Ma - lo dico a Elisa che ha lamentato di non aver sentito la mia voce - non è una persona da sola che cambia le cose. Quello che non ha funzionato, nel Pd, è la litigiosità.

SCALFI: Per tre anni l’assemblea non è contata nulla, per poi diventare centrale nell’ultimo anno quando bisognava approvare le candidature alle politiche o alle primarie di coalizione. La responsabilità di questo è di chi ha avuto la responsabilità di gestire l’assemblea, Tonini prima e Pinter poi, insieme al segretario Nicoletti. Per come la vedo io, la discontinuità sta in un partito che decide e che premia i più competenti invece che i più fedeli alle varie correnti. E serve un segretario che sappia far uscire la linea, più rapidamente che in tre mesi direi. Sarà un compito titanico, per questo dico che serve un segretario a tempo pieno.

Parliamo di partito territoriale e di rapporto con gli alleati. Qual è la vostra proposta?

FILIPPI: Non mi piace partire dalle formule. Io penso che con i nostri alleati le intese vadano trovate sui programmi, poi le cose - quando maturano - vengono da sè. Il fatto di essere un partito con un riferimento nazionale ci rende più forti, l’abbiamo sperimentato. E penso che, dopo l’esperienza delle ultime politiche, con il Patt c’è un rapporto da consolidare proprio a livello nazionale.

ROBOL: A volte ho la sensazione che Elisa parli come se fossimo all’anno zero, come se non ci fosse in Trentino una coalizione che da 15 anni governa insieme. I rapporti con i nostri alleati si basano da sempre sui contenuti. Io sono convinta che per essere un partito territoriale serve uno sforzo nella comunità, da questo punto di vista il Pd non è un partito solidale come il Patt. Quindi sì, dobbiamo essere più legati al territorio ma facciamo parte del Pd nazionale, questo è un dato non in discussione. Solo che il Pd non è autosufficiente e qui in Trentino abbiamo saputo costruire una coalizione forte, che discute animatamente ma tiene. Bisogna riconoscere al Patt e all’Upt che senza di loro noi non avremmo governato.

SCALFI: Anch’io dico che la coalizione c’è e funziona anche se le differenze non mancano, e io personalmente lo sperimento in consiglio comunale. Ma per quanto mi riguarda non voglio sentir parlare di partito unico con Upt e Patt, non è nel mio orizzonte. Semmai penso che dobbiamo impegnarci a fare un po’ più gioco di squadra con socialisti, laici e ambientalisti, che sono nostri compagni di viaggio naturali.

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