Parkinson, in provincia 1.300 malati

Percentuale doppia rispetto alla media nazionale. E con dei picchi in val di Non: da valutare la correlazione con i pesticidi


di Daniele Peretti


TRENTO. In Trentino gli ammalati di Parkinson sono 1300 per una media del 2 per mille della popolazione totale. Un dato decisamente più alto rispetto a quello nazionale dell'1,2. «E si registra - come spiega Domenico Manigrasso, presidente dell’associazione trentina Parkinson - un maggior concentramento degli ammalati in val di Non. A questo proposito non si ha ancora una prova certa, ma c'è la possibilità che la causa sia riconducibile all'uso dei pesticidi. In Francia, infatti, il Parkinson è riconosciuto come malattia professionale degli agricoltori». Il dato è stato fornito durante una conferenza stampa convocata dall'associazione. I dati sono stati forniti dal presidente Domenico Manigrasso che ha sottolineato come fino al 1991, il Parkinson fosse considerato ancora un morbo e non una malattia e chi ne veniva colpito, si poteva curare solo fuori provincia. «A fine 2011 l'impegno profuso dalla nostra associazione è stato premiato col riconoscimento di malattia, le cui cure passarono a carico dell'assistenza pubblica e questo portò all'apertura di ambulatori multidisciplinari, all'assunzione di 5 operatori specializzati, ma anche alla possibilità di avere i necessari supporti sanitari». Oggi l'associazione compie 25 anni e nonostante il tanto impegno nella ricerca, purtroppo si deve riconoscere che la strada è ancora tanta. «È tutto uguale dalla diagnosi che il dottor Parkinson fece nel 1817, tanto che anche il principio della cura – ha affermato il neurologo Boninsegna – è sempre lo stesso. Purtroppo ci troviamo di fronte anche ad un “Parkinson giovanile” che abbassa sempre di più l'età media degli ammalati di una patologia che Papa Wojtyla ha portato all’attenzione del mondo e che si manifesta in due forme: una benigna che si riesce a tenere sotto controllo ed una maligna che è progressivamente degenerativa». Pietro Fedrigotti è l'organizzatore della giornata di festa del 30 agosto e si è da poco ammalato di Parkinson. Il suo racconto è di quelli da ascoltare in silenzio e sul quale riflettere. «Solo chi l'ha contratta - dice - può capire cosa si prova nel sentirsi dire che si ha una malattia degenerativa dalla quale non se ne esce. In un attimo tutto diventa un ricordo e sei preso dalla paura di non riuscire più a fare domani quello che facevi oggi. Così da una parte ti chiudi in te stesso perché la vergogna ed il terrore la fanno da padroni, dall'altra però la solitudine porta al peggioramento. Bisogna avere sempre la mente occupata, essere attivi e di valutare come gentilezza e non come commiserazione, i comportamenti della gente». 400 sono gli iscritti all'associazione con l'auspicio che siano sempre più gli ammalati ed i famigliari che si vogliano avvicinare alle attività che non sono solo rivolte ai «parkinsoniani» , ma anche a tutti quelli che vivono attorno.

©RIPRODUZIONE RISERVATA













Scuola & Ricerca

In primo piano