Omicidio Scrinzi: la difesa in appello per l’assoluzione

Simonetta Agostini, condannata a 5 anni in primo grado, domani affronta il nuovo processo: «Fu legittima difesa»



VILLA LAGARINA. Il 5 ottobre 2010, verso le 17, la lite, nella loro casa di via Garibaldi a Villa Lagarina, e la tragedia: una coltellata, sferrata con un trinciante da cucina aveva raggiunto al fianco Paolo Scrinzi. E ogni soccorso era risultato vano: l’uomo era morto poco prima di mezzanotte in ospedale. Il processo aveva concluso per la colpevolezza di Simonetta Agostini, condannandola a cinque anni di reclusione per omicidio preterintenzionale. Perizie, testimonianze, approfondimenti medici, avevano portato i magistrati a decidere che la donna aveva colpito al fianco il marito volontariamente, ma senza avere la volontà di ucciderlo. Una decisione che aveva di fatto dato torto sia all’accusa che la difesa. Per il pubblico ministero Davico si era trattato di un omicidio volontario e addirittura premeditato (come dimostra l’avere portato dalla cucina in camera il coltello col quale Scrinzi era stato ferito a morte) e aveva chiesto la condanna a 21 anni di reclusione. Per la difesa, l’avvocato Vanni Ceola, Simonetta Agostini aveva solo cercato in qualche modo di difendersi. In stato di soggezione fisica totale per la differenza di corporatura e di forza rispetto al marito, temendo per la propria vita, aveva afferrato quel coltello e aveva colpito a casaccio, per allontanare l’uomo da sè. Quindi legittima difesa, e richiesta di assoluzione. O al massimo, eccesso di legittima difesa, e quindi pena molto più lieve. La sentenza è del 14 dicembre 2012. In aula, a caldo, tutte le parti del processo sembravano intenzionate a proporre appello.

In realtà solo la difesa ha presentato il ricorso. Ed è quindi per sua iniziativa che domani i fatti accaduti a Villa saranno ricostruiti in Corte d’Assise d’Appello, a Trento. Ridiscutendoli soprattutto dal punto di vista dell’interpretazione giuridica, visto che non sono state richieste nuove prove o testimonianze e che quindi per la ricostruzione dell’accaduto e per tutti gli elementi materiali che la sostengono si ripartirà esattamente dal materiale che aveva in mano la Corte in primo grado, un anno fa.

Per la difesa la richiesta rimane la stessa: considerare quella coltellata un atto disperato di difesa personale. E la sostiene forte di una serie di elementi concreti: chi vuole uccidere non colpisce una volta sola, non colpisce ad un fianco, non chiama immediatamente soccorso. Il quadro del tragico episodio non permette di pensare ad una deliberata volontà nemmeno di ferire, ma appunto solo al tentativo di difendersi, messo in atto da chi teme per la propria vita. Le conseguenze fatali di quella coltellata non sono state nè volute nè previste, ha già dichiarato la sentenza di primo grado. Ma Agostini non avrebbe nemmeno voluto ferire. Una tesi che se accolta porterebbe all’assoluzione. (l.m)

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