Morto soffocato in pista, due condanne

Quattro mesi a Pio Maturi e Luciano Caola, direttore e responsabile delle funivie di Pinzolo. Risarcimento di 600 mila euro



TRENTO. Era morto dopo quasi venti giorni di agonia, vittima di un incidente sciistico con una dinamica che sembrava impossibile. Tersilio Tenerini, turista perugino di 72 anni, infatti perdendo il controllo degli sci al termine della pista Tulot di Pinzolo, si era infilato nello spazio fra il cordino d’acciaio che doveva tenere tesa la rete di protezione e la neve. Ed era rimasto in bilico con il corpo quasi sospeso nel vuoto e il collo impigliato nel cordino. E ieri per questo incidente mortale sono stati condannati con rito abbreviato, Pio Maturi, direttore delle funivie di Pinzolo e Luciano Caola, responsabile della manutenzione di quella pista nel momento dell’incidente a 4 mesi di reclusione per omicidio colposo. Condanna che è avvenuta dopo il risarcimento alla famiglia del turista, un risarcimento che si aggira sui 600 mila euro e che è stato pagato dall’assicurazione degli impianti. Già archiviata in precedenza, invece, la posizione di Fausto Collini che era responsabile della pista nel periodo precedente all’incidente.

L’avvocato di Maturi e Caola, Bonifacio Giudiceandre, è pronto ad impugnare questa sentenza forte. Insistendo su due punti. Il primo riguarda l’imprevedibilità dell’incidente che effettivamente ha avuto una dinamica alquanto particolare. E poi sull’interruzione del nesso causale. Immediatamente dopo la caduta di Tenerini, infatti, pare che un medico di passaggio ne avesse constatato il decesso ma poi, con l’arrivo dei soccorsi e le manovre di rianimazione - durate due ore solo sulla pista e proseguite poi al Santa Chiara - il cuore dell’anziano umbro aveva ricominciato a battere.

Intanto il giudice Forlenza ieri ha accolto le richieste dell’accusa (sostenuta dal sostituto procuratore Davide Ognibene) condannando i due a 4 mesi di reclusione.

L’incidente era avvenuto il 24 gennaio dello scorso anno. Tenerini, in compagnia di alcuni amici, stava facendo l'ultima discesa della giornata lungo la pista Tulot. A un tratto, perse il controllo degli sci e finì contro la rete di protezione della pista. Purtroppo, si infilò in uno spazio tra il cordino in acciaio che doveva tenere tesa la rete e la neve. Rimase in bilico con il corpo sospeso quasi nel vuoto e il collo impigliato nel cordino. Morì 18 giorni dopo l'incidente all'ospedale di Foligno dove era stato trasferito nel frattempo. Il referto medico individuava la causa della morte in un'asfissia da impiccamento. Per i periti della procura, il cordino della rete non sarebbe stato teso e per questo si sarebbe venuto a creare uno spazio vuoto tra la rete e il mano nevoso. Proprio lo spazio nel quale si è infilato lo sfortunato sciatore.

©RIPRODUZIONE RISERVATA













Scuola & Ricerca

In primo piano