Morì in cella frigo, assolti i vertici Melinda 

Chiuso il processo per la morte di un operaio a Cles. Il giudice: «Il fatto non sussiste». Odorizzi: «La sicurezza è una priorità»


di Francesca Quattromani


TRENTO. I vertici di Melinda assolti dall’accusa di omicidio colposo. Finirono a processo per la morte di Aldo Boci, idraulico albanese di 27 anni che, il 3 ottobre del 2013, fu trovato senza vita in una cella frigo di un capannone del Consorzio Frutticoltori di Cles. Ieri la sentenza del tribunale di Trento di un processo durato tre anni e mezzo. Il presidente di Melinda Michele Odorizzi di Tassullo, il direttore dello stabilimento della Cfc Franco Gebelin di Cles, il titolare della Longofrigo Casimiro Longo di Zanica in provincia di Bergamo e il consulente di Melinda Federico Zanasi di Trento sono stati dunque assolti dall’accusa di omicidio colposo con violazione della normativa antinfortunistica perché il fatto non sussiste. Non è stata raggiunta la prova al di là di ogni ragionevole dubbio.

Il presidente Michele Odorizzi ha dichiarato: «La sicurezza sul lavoro è e resterà sempre una priorità, per Melinda». Lo fa parlando di una sentenza che, per sua natura, ha esito sempre incerto. Le richieste di condanna formulate dal pm Maria Colpani erano di nove mesi e 2.000 euro di ammenda per Michele Odorizzi, un anno e seimila euro di ammenda per Franco Gebelin, nove mesi per Casimoro Longo e Federico Zanasi. «Il giudice ha capito molto bene il tentativo che c’era di far passare Melinda come un’azienda che non investe in sicurezza -prosegue Odorizzi. Negli ultimi cinque anni abbiamo investito 5 milioni di euro. I giorni di infortunio medi dei dipendenti Melinda sono 0,5 giornate annue. Le casalinghe hanno un indice di infortunio che è 1,5. Ringrazio gli avvocati che hanno fatto capire al giudice queste sfumature».

La tragedia. Il 3 ottobre del 2013 Aldo Boci, un giovane idraulico di 27 anni, si trovava nella cella frigo del magazzino del Consorzio frutticoltori (Cfc) di Cles. Era salito su una piattaforma aerea fino a 9 metri di altezza per sostituire un ventilatore. Non era riuscito nemmeno a svitare le viti, perché svenne e poi perse la vita a causa della mancanza di ossigeno. L’autopsia escluse che le cause della morte potessero essere attribuite ad altro.

Il processo. E’ durato tre anni e mezzo: 15 le udienze dibattimentali, sentiti più volte 20 testi, Uposal e Vigili del fuoco. Quattro gli imputati. Accusato di omicidio colposo anche l'addetto alle celle frigo Alessandro Tavonatti di Coredo che, in giudizio abbreviato, era stato poi assolto perché il fatto non sussiste. Al Consorzio Melinda era stata contestata la responsabilità amministrativa. Anche il consorzio fu assolto. Fu versato un risarcimento di 750 mila euro alla parte civile, che uscì dal processo.

La difesa. «Un esito non scontato, sentenza equilibrata». Gli avvocati: Paolo Demattè e PamelaTamion per il presidente Odorizzi, Stefano Daldoss e Teresa Gentilini per Gebelin, Nicola Stolfi e Giuseppe Ghezzer per Zanasi e Marco Zambelli per la Logofrigo. Al termine della lettura della sentenza da parte del giudice Guglielmo Avolio, gli avvocati hanno spiegato l’ equilibrio di giudizio a fronte di un quadro probatorio «estremamente labile e incerto nella ricostruzione della dinamica dei fatti, con una mastodontica istruttoria dibattimentale, attraverso richiami e consulenze» anche in corso di attività istruttoria.

Un caso unico. Nell’ambito di questo processo, rileva ancora la difesa, resta aperto l’unicum rappresentato dalla morte del giovane operaio.

Si tratta del solo caso finora noto di un infortunio sul lavoro Un unico infortunio sul lavoro accaduto in tali condizioni, senza alcuna letteratura scientifica o giudiziaria in merito. Una tragedia a cella aperta e che, da mesi, non era in funzione, poiché bonificata e vuota.













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