La Whirlpool riapre per un pranzo tra gli ex dipendenti

Graziano Tomasin, già sindaco di Lavis e lavoratore in azienda fino al 2012: «Olivi ci porti notizie positive»


di Daniele Erler


TRENTO. A fine dicembre, gli ultimi addetti al magazzino hanno lasciato lo stabilimento della Whirlpool, a Spini di Gardolo. La storica azienda, che produceva frigoriferi ed aveva aperto in zona nel 1970, aveva cessato la produzione già con il 2013. Ora è completamente chiusa. Più di 450 ex dipendenti sono in cassa integrazione: alcuni sono riusciti a ricollocarsi, perlopiù a tempo determinato. Altri stanno frequentando i corsi di formazione.

Sabato, però, la sala mensa dello stabilimento (ora restituito a Trentino sviluppo) riaprirà, per un’occasione speciale. Sarà un ritrovo, aperto a tutti coloro che hanno contribuito, a vario titolo, alla vita dell’azienda: dipendenti, loro famigliari, autorità, sindacati o ditte esterne.

L’idea è di Graziano Tomasin, che in passato è stato anche sindaco di Lavis, dove vive tuttora. Arrivato alla Whirlpool nel 1974 (quattro anni dopo l’inaugurazione), Tomasin vi ha lavorato sino alla metà del 2012, quando è andato in pensione. Insieme ad alcuni collaboratori – come Francesco Martinelli, che per circa vent’anni è stato il responsabile del personale – ha organizzato l’evento, soltanto grazie al passaparola. «Abbiamo stimato che, dall’apertura alla chiusura, nella fabbrica siano passate circa cinquemila persone», commenta Tomasin. «La mia speranza è che sabato ne arrivino almeno 500». Fra gli altri, ha confermato la sua presenza anche Mario Negri, il primo direttore della fabbrica, quando ancora si chiamava Ignis di Trento. Sarà un modo per rivivere più di quarant’anni di storia economica del Trentino, ma non c’è solo questo aspetto. La volontà principale è anzi di sensibilizzare l’opinione pubblica, ed in particolare l’assessore Alessandro Olivi. Affinché si riesca a trovare un’attività produttiva, che possa riempire il vuoto lasciato dalla Whirlpool.

Tomasin, cosa l’ha spinta ad organizzare questo evento?

«Ci sono tre sostanziali motivazioni. La prima: è il riconoscimento del valore di quella fabbrica. Non solo dal punto di vista economico: ma anche sociale, culturale, professionale e sindacale. La seconda motivazione, che consegue a questa, è che – in un momento in cui l’economia pare essere tutta orientata alla finanza o al commercio – io credo invece sia importante riscoprire, e quindi valorizzare, il lavoro manifatturiero. Il terzo motivo, infine, è d’incontrare ex colleghi ed amici. Per rinsaldare i legami».

Il vostro obiettivo è di guardare al passato, anche per orientare il futuro?

«Certo. Se vogliamo, la valorizzazione dell’importanza che ha avuto l’azienda guarda chiaramente al passato, visto che ora l’attività è chiusa. Però credo sia un presupposto molto importante, anche per il futuro. Non può sopravvivere un’economia che non tenga conto del lavoro in fabbrica, e di ciò che è fatto con le mani».

Avete invitato l’assessore Olivi. Cosa gli chiederete?

«Noi ci aspettiamo che porti qualche notizia positiva, circa il percorso che sta facendo la Provincia per trovare alternative. Che ci siano dei contatti con delle aziende, che possano insediarsi al più presto nel comparto di Spini. Anche più di una: lo spazio c’è, così come la struttura e la competenza. Perché la speranza è che, se possibile, queste aziende diano poi lavoro a coloro che erano occupati alla Whirlpool, al momento della sua chiusura. È una cosa su cui contiamo molto, perché crediamo sia importante per tutto il Trentino. Anche in una fase di crisi».

Chi ha lavorato nell’azienda per tanti anni, come ha vissuto le notizie della sua chiusura?

«In passato ci sono stati altri momenti molto problematici. Però c’era sempre l’ottimismo, che fossero crisi passeggere. In questo caso, invece, c’era secondo me la consapevolezza diffusa che non sarebbe stato così. D’altronde, negli ultimi anni, in Europa, la Whirlpool – oltre allo stabilimento di Trento – ne aveva uno a Varese ed uno a Wroclaw, in Polonia. Ognuno di questi aveva le potenzialità, per raggiungere la produzione di tutti e tre gli stabilimenti messi insieme. A Varese c’è il quartiere generale Whirlpool per l’Europa. In Polonia c’è, invece, il vantaggio competitivo, dato che il costo del lavoro è ancora quasi il 30% più basso che in Italia. La Whirlpool è una multinazionale, non un ente benefico. Quindi credo fosse facile immaginare come sarebbe finita per Trento. Forse qualcuno s’illudeva che questa fine potesse essere più lenta, più dolce magari. Però credo che ci fosse in tutti la consapevolezza che le cose si sarebbero concluse, prima o poi, in questa maniera».













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