«La Rovereto veneziana? Di originale non c’è nulla»

Lo storico Postinger parla dei 600 anni dalla dominazione della Serenissima «Pochissime le tracce al castello e al palazzo Podestà. Gli affreschi sono del ’900»


di Alberto Tomasi


ROVERETO. «A Rovereto di veneziano non c’è nulla, o almeno le tracce lasciate dalla Repubblica sono veramente poche». A seicento anni esatti dall’inizio della dominazione veneziana in Trentino, e in particolare a Rovereto, è giunto il momento di sfatare un mito. A dirlo è Carlo Andrea Postinger, storico medievista, ricercatore e segretario della Accademia degli Agiati, che oggi alle 17 e 30 al castello terrà una conferenza sul dominio della Serenissima in Vallagarina: “Il ruggito del Leone. La Repubblica di Venezia nel basso Trentino”. «Anche se - precisa Postinger - la penetrazione di Venezia nella bassa Vallagarina era iniziata qualche anno prima, nel 1410, quando per motivi ereditari i territori di Avio e Brentonico passarono sotto il controllo della Repubblica». «La mitologia di Rovereto veneziana sorge verso la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, - spiega Postinger - sull’onda della marea irredentista e degli impulsi nazionalisti, per affermare la italianità di Rovereto, ma in verità di veneziano a Rovereto è rimasto veramente poco, anche perché la presenza della Repubblica è durata un secolo, un tempo non sufficientemente lungo per lasciare impronte durature». Rovereto veneziana non sarebbe quindi che uno stereotipo che Postinger smonta pezzo dopo pezzo, ma uno stereotipo che nell’immaginario dei roveretani ha radici profonde. Con il rischio di ingenerare una crisi di identità collettiva. «Le uniche tracce di architettura veneziana sono rappresentate dal castello e da palazzo Podestà, mentre i vari leoni dipinti che si trovano in giro sono tutti novecenteschi, a cominciare proprio da quello del municipio, - continua Postinger - anche palazzo Del Ben - Conti d’Arco in piazza Rosmini probabilmente è molto più veneziano adesso di quanto non lo fosse allora». Fu l’architetto Augusto Sezanne, ai primi del Novecento, a dargli l’attuale fisionomia, lo stesso che ha realizzato il “ponte dei sospiri" che collega il municipio al corpo di edifici di via Portici» Un altro “falso” storico, quindi. Identico discorso per i nomi delle strade. «Via Rialto ha assunto questo nome nel Settecento, ma anche le varie “calli” e «campielli sono tutti successivi alla dominazione veneziana», prosegue implacabile Postinger.

Insomma la patina di venezianità che sembrava caratterizzare da sempre Rovereto non è che una creazione posticcia, inventata per affermare un’immagine di Rovereto italiana e irredentista. Ciò non significa che i cento anni di dominazione della Repubblica non costituiscano un periodo cruciale per la storia cittadina. «Prima del loro arrivo, Rovereto era sottoposta ai Castelbarco di Lizzana, non contava nulla, ed è proprio grazie a Venezia che comincia ad assumere una sua fisionomia e ad affermarsi come comunità. Risalgono a quel periodo i primi statuti, e cambiano anche i rapporti di Rovereto con i territori circostanti, cresce la sua importanza anche sotto il profilo militare - prosegue il segretario dell’Accademia - fiorisce il commercio e inizia a formarsi un patriziato cittadino.» Una posizione che si consoliderà di lì a breve con il passaggio sotto le ali dell’aquila bicipite, un rapporto quello di Rovereto con l’Impero che durerà ben 500 anni.

©RIPRODUZIONE RISERVATA













Scuola & Ricerca

In primo piano