«La cava di Monte Zaccon è sicura per 300 anni»

La garanzia arriva dai tecnici dell’Ufficio bonifiche dopo gli studi sui terreni La discarica inquinata verrà coperta con un intervento da 2 milioni di euro


di Luigi Carretta


RONCEGNO. La cava di Monte Zaccon è sicura almeno per i prossimi trecento anni. Un dato confortante, almeno secondo quanto ricavato dai dati usciti alla presentazione dei risultati delle analisi effettuate dall’Ufficio bonifiche. Una indagine complessa, durata tempo e che ha visto lo scavo di otto nuovi sondaggi del materiale presente, 32 monitoraggi delle acque e un totale di ben 270 metri sondati in profondità. I risultati, al 25 maggio del 2011, davano una presenza di ferro e alluminio fuori dei parametri fissati dalla legge del 2006, con un dato allarmante dell’arsenico pari a 99, contro il 10 previsto. Bisogna però ricordare che tutta la zona è naturalmente ricca di arsenico, la cui presenza non può essere completamente imputata al materiale nella cava di Monte Zaccon.

Ciò che preoccupa maggiormente è sempre stata, tuttavia, la presenza dello stirene, un idrocarburo nocivo, e il fatto che i materiali potenzialmente tossici potessero finire nella falda acquifera trasportati dall’acqua piovana o dall’acqua presente nella falda a monte. L’acqua presente nella cava, infatti, ha caratteristiche diverse da quella che si trova al di fuori. Orbene, tale pericolo sembra essere categoricamente smentito da questo studio. L’ingegnere Rampanelli, direttore dell’Ufficio bonifiche che ha presentato i dati, ha, infatti, ha evidenziato come a valle della cava esista dell’acqua che dalle analisi risulta particolarmente pulita e che l’infiltrazione delle acque al di sotto, nella cava, sia di 25 centimetri all’anno. Considerando uno spessore di circa 74 metri di roccia si arriva quindi, più o meno, ai 300 anni citati prima, ben 3 secoli in cui gli elementi potranno cristallizzare o fissarsi con altri presenti nelle rocce, finendo con il non essere più nocivi per l’uomo. Rampanelli ha inoltre sottolineato come «sia richiesto dalla normativa, per discariche non pericolose, un periodo minimo di uscita dell’acqua pari a 140 anni, meno della metà».

La soluzione prevista quindi dalla Provincia, rappresentata alla serata dal vice presidente della giunta provinciale Alberto Pacher, è quella di coprire tutta la cava con un intervento molto complesso, del costo di circa 2 milioni di euro e che vedrà una serie di strati, fatti da materiali diversi ricoperti alla fine da un manto erboso, che impediranno all’acqua piovana di infiltrarsi nel terreno, o meglio nel materiale inquinato tutt’ora presente a Monte Zaccon. L’intervento è stato ovviamente difeso dall’assessore Pacher, che ha definito le attività di scarico dei materiali svolte a Monte Zaccon «censurabili e inaccettabili», e che nel contempo ha elogiato l’Appa, uscita dalle accuse mosse con una sentenza di archiviazione nei confronti dei 4 funzionari coinvolti.

Tutto bene quindi e vicenda da considerarsi conclusa? Non proprio, almeno per una parte dei partecipanti, pochi in verità, circa una trentina, la maggior parte dei comitati sorti spontaneamente dopo che la vicenda venne alla luce, e che hanno contestato la scarsa quantità di metri cubi di materiale inquinante che si prevede di asportare, calcolata approssimativamente nel 3% del totale. Una quantità molto piccola, se si pensa che solo qualche mese addietro vi era chi chiedeva l’asportazione totale del materiale presente. Ora si prevede invece di intervenire lasciando tutto sul posto, e a spese della comunità dal momento che ancora non si sa se e come sarà possibile recuperare la cifra per la messa in sicurezza da parte di chi, secondo la sentenza del giudice, sarebbe tenuto a fare il lavoro, ossia chi ha inquinato.

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