La birra all’aroma di zafferano “bio” coltivato in carcere

Il progetto de “La Sfera” con il birrificio trentino Argenteum I detenuti producono “Galeort”, piante officinali di qualità


di Nadia De Lazzari


TRENTO. Nasce la birra allo zafferano prodotta con la spezia coltivata nel Carcere di Spini di Gardolo. Sarà in distribuzione dal mese di marzo. Al progetto della Cooperativa sociale La Sfera in partnership con il birrificio Argenteum di Cortesano vi lavorano sei detenuti che nel 2016 hanno ottenuto una coltivazione record di zafferano. L’annuncio che “l’oro rosso” solidale, biologico e di alta qualità prodotto nell’Istituto penitenziario aromatizzerà la birra piomba all’improvviso nella nuova sede della Cooperativa.

L’intero staff accoglie la novità con orgoglio e in Via Kufstein 4 scoppia l’applauso tra i detenuti protagonisti di questa avventura. E’ gioia pura; è la ricompensa di un anno di impegno quotidiano, è la mission della Cooperativa. Che crede nei valori della partecipazione, dell’innovazione, del lavoro come integrazione sociale, e soprattutto della collaborazione con il territorio per rispondere ai problemi emergenti della collettività con priorità costante alla centralità della persona.

Nel Carcere la Cooperativa La Sfera – la presidente si chiama Bruna Penasa – è presente con esperienze innovative di agricoltura sociale che vengono definite “rigenerazioni” in quanto finalizzate alla creazione di un network con i protagonisti chiave del territorio: in questo caso i vicini di casa sono i detenuti.

Dietro le sbarre vi lavorano part time sei uomini che hanno seguito un corso di formazione con incontri mirati alla presenza di esperti. Il progetto di agricoltura sociale è stato vagliato dal direttore Valerio Pappalardo e approvato dall’Area Educativa il cui responsabile è Tommaso Amadei. La loro è un’attività agricola di precisione, di fatica e di pazienza. Il gruppo tratta i fiori dello zafferano uno ad uno con delicatezza; li raccolgono a mano al mattino presto quando la corolla non è ancora aperta. Successivamente ne recidono la base e ne staccano con cura gli stimmi, cioè la parte terminale di colore giallo intenso, che sistemano su una griglia per l’essiccazione.

Anche l’operazione di confezionamento dei preziosi “fili” in vasetti di vetro viene svolta all’interno del Carcere di Spini di Gardolo. La produzione dello zafferano biologico, cioè privo di concimi chimici, era stata avviata in via sperimentale nell’anno 2015. Lo scorso anno, tra settembre e novembre, i detenuti hanno ottenuto circa 500 grammi di zafferano, un raccolto record.

La Sfera si è subito attivata per trasformare quel lavoro in un’opportunità per il riscatto di uomini che hanno sbagliato: un capolavoro di ognuno, una speranza per tutti. Nel carcere trentino tra sacche di emarginazione e solitudine non solo zafferano.

Nelle aree verdi della struttura penitenziaria, 9.000 metri quadrati di cui la metà coltivata, il brand “Galeorto” – ha ottenuto il marchio qualità trentino Icea rilasciato dalla Provincia autonoma di Trento – comprende la coltivazione di piante officinali quali il fiordaliso, la malva, la calendula, la lavanda, la salvia, il rosmarino, il timo. Inoltre i detenuti sono impegnati nella produzione di cavoli cappuccio trasformati in crauti dall’Azienda Agricola Biologica Debiasi Stefano di Rovereto.

Due sono i prossimi obiettivi della Cooperativa: far crescere l’attività coinvolgendo un maggior numero di detenuti e ampliare la coltivazione a tutto il terreno messo a disposizione dalla struttura penitenziaria.

Il marchio “Galeorto” sarà presente all’E xpòRiva Hotel dal 5 all’8 febbraio, presso lo stand Gestor.

Ma va detto che chiunque può contribuire a sostenere il progetto solidale acquistando le confezioni di zafferano con il marchio “Galeorto” presso la Cooperativa La Sfera o i crauti presso il negozio Mandacarù – Altromercato in Piazza Fiera.

Per informazioni si può contattare: telefono 0461 983488 oppure consultare i siti www.galeorto.org e www.lasfera.org.

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