Jihad, il mullah sarà estradato in Italia 

Cellula meranese, la Norvegia annuncia che Krekar, se condannato, sconterà la pena nel nostro Paese



BOLZANO. Il mullah Krekar potrebbe arrivare in Italia. Il ministro della giustizia norvegese ha annunciato che il mullah Krekar sarà estradato in Italia se sarà condannato dal tribunale di Bolzano. Krekar, vero nome Najmuddin Faraj Ahmad, 61 anni, vive in Norvegia dal 1991 come rifugiato, dopo essere stato espulso dall’Olanda.

Ex leader del gruppo curdo integralista Ansar al-Islam, Krekar era stato arrestato nel novembre del 2015 in Alto Adige con l'accusa di essere a capo di una cellula che agiva a Merano e che voleva preparare attentati in Europa e reclutare combattenti per la jihad. Il processo a Krekar - insieme a lui anche altri cinque presunti terroristi - ha preso il via lo scorso marzo, davanti alla Corte d’assise di Bolzano, presieduta dal giudice Carlo Busato, a latere Stefan Tappeiner. Tutti farebbero parte di una “cellula dormiente” a Merano, smantellata dai carabinieri del Ros. L'indagine dei militari dell’Arma evidenziò che la cellula meranese, in contatto con due jihadisti di stanza in Inghilterra, aveva in animo di utilizzare il pretesto dell'arresto in Norvegia di Krekar per pianificare da Merano vere e proprie operazioni di terrorismo internazionale.

Tutti e sei i presunti estremisti devono rispondere del reato di associazione con finalità di terrorismo con l'aggravante della transnazionalità. Nell'ordinanza di custodia cautelare a suo tempo firmata dal giudice trentino Francesco Forlenza, il quadro delineato - sulla base dell'esito di quattro anni di indagini degli investigatori del Raggruppamento Operativo Speciale - era alquanto allarmante. Anche nella cellula jihadista meranese, infatti, ci sarebbe stato chi si diceva pronto a farsi esplodere. In base all'indagine il gruppo avrebbe avuto ramificazioni in Europa e in Medio Oriente e il fine sarebbe stato quello di rovesciare il governo nel Kurdistan iracheno per sostituirlo con uno stato teocratico fondato sull'applicazione della sharia islamica. Per farlo sarebbero stati tutti pronti al martirio. Da ricordare che l'indagine dei Ros aveva individuato un gruppo composto complessivamente da 17 persone che, secondo l'accusa, si sarebbe «associato in una struttura transnazionale, confessionale, radicale e fondamentalista chiamata Rawti Shax». All’udienza di marzo, presenti i due pm trentini Pasquale Profiti e Davide Ognibene, nessuno dei sei presunti terroristi jihadisti - tutti a piede libero – si era presentato davanti ai giudici.













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