«Io, minacciata di morte perché nera» 

Agitu, la pastora etiope dell’azienda “La capra felice” di Frassilongo ha denunciato aggressioni di stampo razzista


di Sandra Mattei


TRENTO. Diventata un personaggio famoso, intervistata sulla stampa e le televisioni nazionali, Agitu, la pastora etiope che è arrivata in Italia scappando dal suo Paese per un mandato di arresto, ora torna suo malgrado a far parlare di se.

Ha denunciato infatti ripetute minacce ed aggressioni verbali e fisiche da parte di un vicino che l’ha presa di mira con motivazioni apertamente razziste. “Brutta negra”, “te ne devi andare tu e i tuoi amici”, sono le frasi che ha rivolto alla giovane etiope, dal 2010 in Italia per studiare sociologia a Roma e che si è trasferita in Trentino perché innamorata delle sue montagne e dei suoi pascoli. Ed è qui che ha avviato un’attività di pastorizia e caseificazione, spostandosi dalla Vallarsa, alla Val di Gresta e, infine, alla Val dei Mocheni.

«Tengo a precisare - esordisce Agitu - che in questa valle io mi trovo benissimo ed ho costruito con tanti rapporti molto belli. Qui mi sono sentita accettata dagli abitanti e ho avuto l’opportunità di avviare la mia azienda, “La capra felice”. Grazie alla vendita dell’ex scuola di Frassilongo che non era mai stata utilizzata allo scopo, l’edificio è diventato il caseificio ed il punto vendita dei miei formaggi. Chi mi sta perseguitando non è un mocheno ed i carabinieri sanno bene chi è: l’ho fotografato mentre mi bucava le gomme dell’auto. E, di seguito, hanno le denunce di tutti gli episodi che riguardano questa brutta vicenda». Agitu è una donna bella e fiera delle sue origini etiopi: ha lottato contro un regime corrotto e contro il land grabbing, la strategia con cui le multinazionali acquistano terreni, spodestando i contadini locali dalle loro terre. Per questo non si è persa certo d’animo adesso, che ha conquistato la sua indipendenza ed ha un’azienda avviata ed in buona salute, funestata da questo rapporto di vicinato difficile.

«Io do lavoro - spiega - a tirocinanti che vogliano imparare ad allevare le capre ed a fare i formaggi. Per questo ci sono spesso giovani e richiedenti asilo, di colore e non, che vengono da tutto il mondo. Purtroppo le minacce di stampo razzista non si sono fermate, nemmeno dopo la denuncia dei primi episodi. Ho avuto le gomme della macchina tagliate, poi a giugno ho trovato una capra morta ed ho chiamato i forestali pensando che fosse stato il lupo. Invece mi hanno detto che avevano usato un’arma da taglio per asportargli la mammella». La sequenza di atti intimidatori non è finita: sono morte altre due capre ed ora è sparito anche il cane.

Ma l’episodio più odioso è quando l’uomo è entrato nella baita di Frassilongo e l’ha aggredita mentre stava lavorando alla mungitrice, prendendola per il collo. «Mi ha detto “ti uccido” e “te ne devi andare” - riferisce Agitu - ma per fortuna sono riuscita a liberarmi di lui con un calcio ed a scappare. Però ora ho paura. Non so cosa debba succedere perché si impedisca a questa persona di nuocere. Purtroppo la cronaca è piena di donne che vengono uccise, nonostante abbiano denunciato le violenze e le minacce subite». In questa situazione, afferma Agitu, le è stato di molto aiuto il sindaco di Frassilongo Bruno Groff, che ha sollecitato le forze dell’ordine perché si eviti il peggio.

A questo punto, Agitu Ideo Gudeta ha deciso di denunciare pubblicamente la situazione sui social, sollecitata anche dai clienti affezionati ai quali ha confidato la sua preoccupazione.

L’etiope che si è innamorata del Trentino e qui ha voluto costruirsi un lavoro di cui è fiera con le sue 180 capre, spera di non dovere temere per il suo futuro.

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