Il papa beato: donna trentina «guarita» da Wojtyla

Il racconto di Sabina Avi, che chiese la grazia per un tumore: «Mi sono sentita subito rinata»



TRENTO. Appartiene ad una famiglia molto religiosa, Sabina Avi, sorella di don Guido, per anni parroco di Cristo Re e non a caso la sua storia si è intrecciata con quella di papa Wojtyla, incontro che per lei è stato determinante. E' la storia di una guarigione miracolosa, anche se Sabina, oggi che ha 87 anni, dice di non avere mai voluto pubblicizzare il fatto. La protagonista ne ha parlato per la prima volta su «Vita Trentina» a Piergiorgio Franceschini, nel numero in edicola questa settimana.
La testimonianza è accompagnata dalle foto dell'incontro che per Sabina Avi è stato determinante per il decorso della sua malattia. Ora che si è alla vigilia della beatificazione di papa Giovanni Paolo II, per la quale si attende domenica a Roma un milione di fedeli, anche la vicenda di Sabina Avi concorre a capire quale forza attrattiva (come ha testimoniato il cardinale Leonardo Sandri sul Corriere della Sera di due giorni fa) quale venerazione, ha suscitato Wojtyla in vita e continui a suscitare dopo la morte.
Racconta Sabina, che è la decima figlia di quindici di Angelo Avi, emigrato da Vigalzano negli Stati Uniti per fare il minatore, che nel 1994 le diagnosticarono un tumore in gola. I medici le avevano detto che si doveva intervenire subito con un intervento chirurgico. «Ma credevo di non farcela - ricorda Sabina - perché le speranze di uscirne bene, a detta dei medici, erano molto scarse». Così la decisione, presa con il fratello don Guido, con cui ha sempre vissuto Sabina, di farsi benedire da papa Giovanni Paolo II nella settimana santa del 1994. Era il 30 marzo e Sabina racconta che in Sala Nervi affollata di fedeli, si trovò a tu per tu con Wojtyla e gli disse: «Santità, nel nome di Cristo mi imponga le mani sul tumore perché ho tanta paura». Lui rispose, prendendole la testa tra le mani: «Abbia fede e preghiamo insieme». Sabina spiega che da quel momento le passò il dolore e, pochi giorni dopo, il 19 aprile, data in cui era stato fissato l'intervento al Santa Chiara, affrontò il tutto molto sollevata e il decorso fu rapidissimo. Ad operarla fu Guerrino Bortot, allora primario del reparto maxillo-facciale, che interpellato da Franceschini, non è in grado di ricordare se tra i tanti interventi, ce ne fu uno dall'esito clamoroso.
Ma Sabina, che da allora si è recata ogni anno a Roma alla settimana santa, per partecipare all'udienza del mercoledì dal papa, non vuole definire la sua guarigione un miracolo. «La malattia fu una prova per aiutarmi a maturare. Una prova che penso di avere accettato con fede». Anche don Guido, che l'ha accompagnata sempre a Roma, accolti insieme nella cappella privata del papa, commenta: «Non chiamiamolo miracolo, ma una grande grazia sì». Sabina in questi giorni non è stata bene ed è stata dimessa da poco dall'ospedale. Ma alla gola, non ha più avuto nessuno problema.













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