L'OPERA

Il nuovo stadio piace anche alle Rurali

Giorgio Fracalossi di Cassa Centrale Banca «Potrebbe ospitare anche le nostre assemblee». Ma Winterle boccia Mattarello: «L’ideale è Ravina»


di Luca Marognoli


TRENTO. Non solo uno stadio, ma una cittadella dello sport, pensata per ospitare anche uffici federali e piscine. Con un corollario di servizi che vadano dalla ristorazione al commercio e spazi fruibili anche dalle casse rurali per le loro assemblee. Giorgio Fracalossi, presidente di Cassa Centrale Banca e fino a 20 giorni fa alla guida di Federcoop, “benedice” il progetto lanciato da Mauro Giacca, patron del Trento Calcio, e caldeggiato dall’assessore Tiziano Mellarini.

«Che il Briamasco debba essere spostato - afferma - non lo diciamo solo noi, ma l'amministrazione pubblica. Ricordo che quando il Mezzocorona giocava a Trento dovevano chiudere la strada; ora essendoci il Muse credo che questo sia diventato un problema oggettivo. Lo spostamento poi permetterebbe, come diceva l'assessore, di avere un polo museale con un bel parco».

La localizzazione a sud della concessionaria Dorigoni, per Fracalossi, sarebbe ideale: «Si presterebbe per la logistica, ma soprattutto, essendo vergine dal punto di vista delle costruzioni, si potrebbe fare qualcosa di veramente innovativo, prendendo come riferimento realtà già esistenti. La logica dovrebbe essere quella di cui parlavano l'assessore e Giacca: non può essere “solo” lo stadio che utilizzi domenica per la partita. Dovrebbe prestarsi a diversi utilizzi. Io penso alle assemblee della Rurale di Trento, per fare un esempio: dopo la fusione con Aldeno avremo 18 mila soci e in prospettiva 20 mila. Noi ogni anno dobbiamo andare al palazzetto e spendere una montagna di soldi per l'allestimento».

Parere positivo anche sulle dimensioni ipotizzate: «Mi piace l'idea dei 15 mila posti, utilizzabili anche per altri eventi; ricordo quando andai a vedere una partita tra Becker e Ivanisevic al PalaResia. Credo che Trento meriti una struttura coperta e prontamente utilizzabile». Ma ciò che Fracalossi ritiene fondamentale è che lo stadio sia «complementare a un progetto più ampio. Utile sarebbe portare lì tutte le sedi del Coni, facendone una vera cittadella dello sport, che sarebbe tra l’altro abbastanza vicina al PalaTrento. Una struttura da rendere viva, poi, con un centro commerciale e dei ristoranti. Serve perciò un'idea generale e una progettazione complessiva, magari a lotti: l'area è talmente vasta che potrebbe ospitare anche le piscine. Una struttura così inoltre ha bisogno di parcheggi adeguati e di una viabilità idonea, anche magari collegandosi alla metropolitana di superficie».

Quanto ad un impegno finanziario diretto della Cooperazione, Fracalossi frena: «Le nostre sedi le abbiamo già in via Segantini, però un ragionamento si può fare. Più che a un investimento per realizzarla penso all'utilizzo della struttura». Lo stesso Giacca ha ribadito di non voler bussare a denari in Provincia perché lo sport ad alto livello non deve gravare sulle tasche dei contribuenti. «Credo che la strada giusta sia una collaborazione tra pubblico e privato: il Comune mette l'area, una parte di risorse le mette la Provincia e una parte i privati che la ricevono in utilizzo per un certo numero di anni». E il momento, è quello giusto? Non è meglio aspettare che il Trento vinca? «Per arrivare a quei livelli devi avere uno stadio che risponda alle normative. Visto che bisogna spostarsi, restare lì potrebbe fare solo danni: è meglio quindi pensarci prima».

Dice sì allo spostamento del Briamasco anche Alberto Winterle, presidente dell’Associazione Architetti Arco Alpino: «Non solo è necessario ma strategico per lo sviluppo dell'area delle Albere. Ora è stretto in una posizione poco idonea e poco funzionale allo stadio stesso: mancano parcheggi, l'accesso non è facile per chi arriva da fuori e non c’è la possibilità di sviluppare altri servizi utili per una zona sportiva. Pensare ad uno spazio verde è la soluzione migliore, perché la città ne ha bisogno e farebbe da contraltare al parco già esistente».

Ma l’architetto boccia Mattarello, dove il terreno dovrebbe tornare agricolo: «Era sbagliata l'idea dimetterci le caserme, il Not e lo stesso vale ora per lo stadio. Capisco che siano stati fatti già gli espropri e che l’area si possa considerare a disposizione, ma la valutazione non si deve basare sulla contingenza quanto su una valutazione sul sistema della città e i collegamenti. Avrebbe molto più senso a Ravina, vicino al casello di Trento sud, sotto la zona commerciale-artigianale. Il collegamento è molto più diretto, c’è un leggero dislivello per le gradonate e anche morfologicamente la zona si chiude in uno spazio protetto. Inoltre diventerebbe una sorta di porta della città per chi arriva da sud, sulla Destra Adige, che sarebbe anche simbolicamente importante».













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