Hörmann dal carcere «Non volevo uccidere» 

Al suo avvocato l’uomo è apparso provato: ha cercato il proprietario di casa sua e i commercialisti perché voleva che risolvessero i problemi che lo opprimevano



TRENTO. «Non volevo uccidere nessuno». Ivan Hörmann lo ripete in continuazione nella sua cella di Spini, dove è recluso da martedì sera con le pesanti accuse di tentato omicidio, sequestro di persona e detenzione illegale di armi. Non voleva uccidere nessuno, voleva che quelle persone risolvessero il problema che - secondo Ivan - loro stesse avevano creato. «Sono consapevole e dispiaciuto per il dolore che ho provocato - dice ancora - a tante persone. E anche alla mia famiglia. Ma - e lo ripete - io non volevo uccidere nessuno». È prostrato, provato per quello che ha fatto, per il mondo che gli è caduto addosso, Ivan Hörmann, e oggi dovrà affrontare la convalida dell’arresto davanti al giudice La Ganga. Forse racconterà quello che è successo, racconterà la sua versione dei fatti, ma non è certo. È una decisione che il suo legale, Andrea de Bertolini sta ancora valutando. Ieri c’è stato il primo incontro fra l’avvocato e il suo assistito. Un lungo colloquio durante il quale il 47enne di Mezzolombardo è apparso molto provato ripensando a quello che è successo martedì.

Intanto inizia a farsi sempre più chiaro il quadro generale di quella giornata. Hörmann sapeva che avrebbe dovuto lasciare a breve la sua casa. Il 23 gennaio era la data definitiva, quella il cui avrebbe dovuto uscire dall’appartamento con le sue cose per lasciarlo per sempre. Una prospettiva che provocava nell’uomo una forte sofferenza accompagnata da un profondo disagio. E dalla sensazione che quella situazione non fosse causa sua. Martedì mattina gli arriva poi una sollecito per un pagamento e pare che sia stata questa comunicazione a spingerlo ad uscire di casa e andare a Taio. Perché? Perché riteneva che l’uomo che aveva acquistato all’asta la sua casa potesse (o forse dovesse) fare qualcosa per toglierlo da quella difficile situazione. Arrivato nel paese noneso, però, si è trovato davanti alla mamma dell’uomo. Hörmann ha chiesto scusa per il disturbo e ha annunciato che sarebbe tornato in pomeriggio e se necessario, lo avrebbe aspettato. A quel punto torna in valle per imboccare la strada per Caldonazzo. E si presenta allo studio Pola. Qui affronta le segretarie con tranquillità tanto che nessuno si allarma ma quando si trova davanti ad uno dei commercialisti (Christian) cambia atteggiamento. Mostra la pistola, mostra il coltello e chiede che l’uomo faccia una telefonata, faccia qualcosa per risolvere il suo problema. Perché Ivan non voleva uccidere nessuno (come ripete da martedì sera) ma voleva che qualcuno lo tirasse fuori da quella situazione che lo faceva star male. Poi ci sono stati i colpi, quelli contro il pavimento e quello che quasi avrebbe centrato la moglie di Rinaldo Pola. Un colpo voluto o partito per sbaglio nel parapiglia? Per gli investigatori c’è stata una volontà tanto che è per questo episodio che c’è la contestazione del tentato omicidio.

Uscito dallo studio Hörmann avrebbe vagato per ore con la sia Volvo V50. Accanto aveva la pistola, il coltello e tanti, tantissimi proiettili. 138 quelli che sono stati trovati dai carabinieri. Nel bagagliaio anche una balestra con dei dardi modificati. Gli esami degli artificieri hanno escluso che ci fosse dell’esplosivo, ma una vite aggiunta.

Un viaggio durante il quale l’uomo non è incappato nelle telecamere ma che è finito a Mollaro con l’arresto.













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