"Free Chico": raid in bici Trento-Roma per salvare un amico dall'ergastolo negli Usa

Sei professionisti e imprenditori trentini appassionati di sport viaggiano da Trento a Roma in bicicletta per sensibilizzare l'opinione pubblica sulla vicenda di Chico Forti, condannato per omicidio e detenuto a Miami



TRENTO. Sono partiti sotto la pioggia i sei professionisti-imprenditori di Trento che intendono raggiungere in bici Roma, in cinque tappe, per sensibilizzare sulla vicenda giudiziaria che vede protagonista l'amico Chico Forti, imprenditore trentino condannato da oltre dieci anni all'ergastolo per omicidio dopo un processo di soli ventiquattro giorni da una giuria popolare della Dade County di Miami. Da allora ogni richiesta di appello e' stata rigettata.

"I media e le autorità statunitensi protestano per la vicenda di Amanda Knox a Perugia - spiegano gli amici di Forti, che da dieci anni hanno fondato un'associazione a suo sostegno - ma in Italia lei è stata sottoposta a un regolare procedimento giudiziario, mentre nei democratici Stati Uniti tale diritto è stato negato al nostro amico, le cui condizioni di vita, tra l'altro, sono vergognose. Per farlo operare per un'ernia inguinale la autorità hanno atteso mesi finché ha raggiunto le dimensioni di una palla da tennis. Non è né umano, né civile".

Uniti dalla passione per il triathlon e le corse nel deserto i sei ciclisti, guidati da Lorenzo Moggio, vestono una tuta bianca riportante la doppia scritta "Give Chico a chanche" e "Free Chico". Oggi raggiungeranno Ostiglia, poi domani S. Piero a Sieve (Firenze), venerdì S. Quirico d'Orcia (Siena), sabato Sutri (Viterbo) e domenica Roma.

Da anni un comitato di amici di Trento si batte vanamente per far ottenere l'appello all'amico, incarcerato in Florida. Trasferito negli ultimi mesi di penitenziario inizialmente era stato messo in una cella dotata di un finestra di pochi centimetri quadrati e con temperature interne vicine ai quaranta gradi.

Chico Forti è poi ancora convalescente per un recente intervento chirurgico che ha atteso per mesi. "Un trattamento indegno - commentano gli amici - per uno Stato che si professa libero e democratico. Questo non avviene nemmeno nelle tante vituperate carceri italiane".













Scuola & Ricerca

In primo piano