Due artisti trentini in India tra i giovani alfieri del New Pop italiano

Si tratta del primierotto Sergio Scalet, che lavora a Milano, e di Michela Pedron, di Mezzocorona



Due artisti trentini alla conquista dell’India. Si tratta del primierotto Sergio Scalet, classe 1973, che vive e lavora a Milano, e di Michela Pedron, di Mezzocorona, che invece opera a Venezia. I loro nomi compaiono infatti nell’elenco di giovani artisti le cui opere fanno parte della mostra “Dadaumpop - The Italian New Pop”, promossa dal nostro ministero degli esteri e dalla rappresentanza diplomatica italiana in India (l’Ambasciata, i Consolati di Mumbai e Calcutta e l’Istituto italiano di cultura di New Delhi). Non solo: il progetto di allestimento dell’esposizione è curato dall’architetto trentino Thomas Pilati. La mostra verrà inaugurata il 7 gennaio alla Bmb Gallery di Mumbai, dove resterà fino al 15, per poi trasferirsi dal 4 al 18 febbraio al Rabindranath Tagore Centre di Calcutta e dal 4 al 20 marzo al Centro italiano di cultura di New Delhi. Pubblichiamo di seguito la presentazione da parte del curatore Igor Zanti.

di Igor Zanti


Dovendo pensare al più grande artista pop della storia dell’arte, tutti, dagli addetti ai lavori, alla casalinga amante delle soap opera, risponderebbero, senza ombra di dubbio: “Andy Warhol”. A pochissimi verrebbe in mente che il padre del pop, e di conseguenza del neopop, non è tanto da ricercare tra grattacieli newyorkesi, quanto nella campagna francese; si tratta infatti dell’uomo che è riuscito a creare un’opera d’arte prendendo un orinatoio, mettendolo a testa in giù, e intitolandolo “Fountain”. Quest’uomo, che è stato la figura di cesura e di svolta nel panorama della storia dell’arte del Novecento, risponde all’arcinoto nome di Marcel Duchamp.
L’azione di Duchamp è stata a tratti definita Dada, anche se tale definizione è limitativa poiché l’artista francese è, sotto tutti gli aspetti, il vero iniziatore di quella che noi chiamiamo arte contemporanea, è colui che permette di giudicare come una buon lavoro tanto il letto sfatto e vissuto della bad girl Tracey Emin, quanto le perfomances di Vito Acconci o le Brillo Box di Andy Wharol. È inevitabile che anche la cultura neopop, questa onda anomala, questo tsunami - l’uso del termine tsunami non risulta improprio essendo il neopop una tendenza artistica che trae le sue origini dall’oriente e precisamente dal Giappone contemporaneo - sia figlio di Duchamp e del Dada.
Questa mostra nasce dal desiderio di comprendere quali sono le eredità duchampiane e dada che si possono riscontrare nel neopop italiano e dalla necessità di dare una definizione ed una storicizzazione a questa realtà artistica. Si è scelto di selezionare un gruppo di 27 artisti che lavorano con media differenti ma che toccano a 360 gradi tutti gli aspetti del neopop. È proprio in questa poliedricità di modi di agire, in questa libertà di espressione sia tecnica che concettuale, nella possibilità di ibridazione di linguaggi differenti, di interazione tra cultura alta e cultura bassa, tra materiali nobili e materiali comuni, ma soprattutto, in questo dichiarato spirito di sperimentazione, a tratti anarchico, che risiede e si identifica il nucleo dell’eredità dada e duchampiana.
Il viaggio verso l’India, paese che presenta in molte sue manifestazioni estetiche una marcata accezione pop, rappresenta per gli artisti coinvolti un metaforico ritorno alle origini, un viaggio a ritroso verso un continente, che, come si è detto, è stato la culla della cultura neopop. La mostra “Dadaumpop - The Italian New Pop”, promossa dal Ministero degli Affari Esteri, in collaborazione con l’Ambasciata d’Italia in India, il Consolato Generale d’Italia a Mumbai, il Consolato Generale d’Italia a Calcutta e l’Istituto di Cultura Italiano di Cultura di New Delhi, è la prima significativa occasione per presentare sul palcoscenico internazionale, attraverso tre tappe che toccheranno le principali città del subcontinente indiano, la produzione di alcuni dei più interessanti artisti del panorama neo pop italiano.
In occasione della mostra sarà edito un catalogo ideato da Giordano Curreri, con testi di Igor Zanti, che riprende nello stile e nelle forme grafiche la tradizione delle riviste Dada. Il progetto di allestimento sarà curato dall’architetto Thomas Pilati di cui si ricordano le collaborazioni in qualità di consulente per l’exhibit design per Manifesta 7, la Fondation Cartier di Parigi e la Biennale d’arte di Montreal.

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